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Europa, uniti o divisi? L'Italia si scopre euroscettica

    Europa, uniti o divisi? L'Italia si scopre euroscettica

    L'idea di un'Europa unita è entrata definitivamente in crisi? Secondo gli ultimi risultati dell'Eurobarometro, il 45% degli italiani ritiene che il nostro Paese non abbia tratto nessun vantaggio dall'appartenenza all'Unione europea. E in caso di referendum, solo il 43% degli italiani voterebbe per restare. È il dato peggiore tra i paesi membri.

    Il convegno Europa: uniti o divisi? (26 ottobre ore 20.30, a Conegliano) discuterà della necessità di un rilancio del processo di integrazione europea. 

    Abbiamo chiesto a Giorgio Anselmi, presidente del Movimento federalista europeo (Mfe) che interverrà al convegno insieme all'eurodeputata Mercedes Bresso, cosa pensa dello stato di salute dell'Unione europea.

    “L'Italia è diventato un Paese euroscettico nell'arco degli ultimi decenni. Se pensiamo che nel 1989, in un referendum da noi promosso per il conferimento o meno di un mandato costituente al Parlamento europeo, più dell'88% di italiani si dichiararono a favore, oggi c'è un cambiamento epocale. I motivi? Nessuno mette in discussione la crisi economica, ma anche altri Paesi l'hanno subita e in modo più grave, come la Grecia

    “Il fatto è che il nostro Paese ha vissuto per circa 40 anni con due 'droghe' potenti: la prima quella della svalutazione, con cui si è recuperato competitività sui mercati internazionali. Finita questa 'droga', negli anni '80 si cominciato con il debito pubblico. È un paese che avrebbe bisogno di disintossicarsi, ma non è capace di farlo.

    “Una 'overdose' oggi significherebbe per l'Italia uscire dall'Eurozona e dall'Ue, portare il Paese al fallimento e alla fine dello stato di diritto. Per capire com'è difficile governare un Paese in simili condizioni, basta guardare con quali difficoltà il Regno Unito sta gestendo il processo della Brexit.”

    Qual è il modo migliore di rispondere all'euroscetticismo?

    “Come Movimento federalista europeo non siamo certamente difensori dello status quo. Riconosciamo i grandissimi meriti del processo di integrazione europea per la pace e la prosperità. 

    “Ma le colpe non vanno attribuite tutte ai cosiddetti movimenti nazionalisti e populisti. È anche il modo in cui è stata costruita questa Europa, spesso con due passi avanti e uno indietro, che ha creato le condizioni per una tempesta perfetta. 

    “Dobbiamo accusare anche quei partiti che si definiscono europeisti, responsabili di un'Europa che ancora non si è completata: servirebbe una politica comune sull'immigrazione, un bilancio europeo adeguato, un governo europeo dell'economia.

    Non possiamo trascurare queste colpe. Se è la cattiva politica che provoca l'antipolitica, è questa Europa, in larga parte impotente di fronte a fenomeni epocali, che provoca reazioni di questo tipo e il rigetto da parte di crescenti fette della popolazione in molti Stati europei.”

    Perché secondo lei i cittadini italiani percepiscono l'Unione Europea così distante, quando non antagonista e la causa dei più svariati problemi?

    “L'unica soluzione sarebbe farli sentire parte dell'Unione Europea. Per esempio, se ci fosse un fondo europeo per la disoccupazione e i cittadini in questa condizione si sentissero protetti dall'Europa, questo sarebbe un grande strumento per far sentire loro la vicinanza dell'Ue. 

    “Se nei confronti dell'immigrazione, avessimo una guardia costiera e di frontiera europea, degna di questo nome, un piano serio che aiuti i paesi di provenienza ad affrontare le cause strutturali, tutto questo troverebbe il consenso dei cittadini italiani e europei.

    “Non bastano interventi secondari. Per esempio sono un grandissimo sostenitore dell'Erasmus, ma dobbiamo renderci conto che riguarda una minoranza dei cittadini.”

    Un anno fa, in Veneto si è votato per il referendum a favore dell'autonomia. Unione Europea e regionalismi sono in antitesi?

    “Tradizionalmente, come Mfe, sosteniamo che il centralismo sia combattuto dal livello sovranazionale e subnazionale. Lo Stato nazionale ha mirato a togliere dalla nostra coscienza la consapevolezza di appartenere, da un lato, a una comunità superiore a quella nazionale – l'Europa e il mondo, – e dall'altro anche alle comunità e alle autonomie locali.

    “Federalismo però non vuol dire secessionismo. Noi siamo favorevoli a un'Italia federale – come la Svizzera o la Germania – in un Europa federale, con alcune competenze che passino dal livello locale e nazionale a quello europeo. Il principio è quello della sussidiarietà: la soluzione di ogni problema avvenga là dove la soluzione è più economica, più efficiente e più vicina per i cittadini.”

    Quale prospettiva ci attende alle elezioni europee a maggio 2019? Prevarranno sovranisti e antieuropeisti?

    “In tutte le 8 precedenti elezioni europee, lo scontro è sempre stato tra partiti che si potevano definire europeisti: popolari, socialisti, liberali, verdi eccetera. Stavolta le forze populiste e nazionaliste pongono una sfida diretta all'integrazione europea.

    “C'è stato un momento di passaggio dopo la Brexit e il rischio della Grexit. Oggi la sfida è diversa: allora si trattava della volontà di una parte della popolazione di alcuni Paesi di uscire dall'Ue, adesso c'è la volontà di svuotarla dall'interno.Ungheria Polonia per esempio si guardano bene dal proporre di uscire dall'Unione. La Brexit ha dimostrato che i vantaggi sono reali.”

    Quali sono i rischi? 

    “Svuotare l'Ue degli aspetti sovranazionali significa la fine di una comunità di Stati di diritto, e la trasformazione in una semplice area di libero scambio, cancellando tutti gli elementi valoriali presenti anche nei trattati. Questa è la sfida che si è aperta.

    “L'unico modo che hanno le forze europeisti per combattere questa battaglia è proclamarsi federalisti: cioè affermare che vogliono fare un'unione politica e una federazione europea, e che non vogliono mantenere l'Europa in mezzo al guado."

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    Spazio Colf: un nuovo spazio dedicato ai lavoratori domestici

      Spazio Colf: un nuovo spazio dedicato ai lavoratori domestici

      Uno spazio accogliente, un punto di ritrovo, un luogo aperto. Una nuova iniziativa delle Acli di Treviso apre le porte alle persone impegnate nel lavoro domestico e nell'assistenza familiare, a badanti e colf.

      Spazio Colf sarà aperto il giovedi pomeriggio, dalle 14.30 alle 16.30, a partire da novembre presso la sede delle Acli provincialidi Treviso (viale della Repubblica 193/A, Treviso).

      Non si tratta di un semplice sportello "di servizio". Spazio Colf avrà una stanza dedicata: sarà uno spazio dove si può condividere la propria esperienza, essere ascoltati e chiedere consigli, o chiacchierare semplicemente davanti a un tè o un caffè.

      L'obiettivo è creare uno spazio accogliente, fatto di persone, relazioni, intuizioni e fatiche. Animato dalle stesse lavoratrici e lavoratori domestici, e capace di orientarli a trovare in autonomia le strategie più adatte per affrontare piccole e grandi difficoltà, per costruire una situazione di benessere a lavoro e in famiglia, per sviluppare le proprie idee insieme.

      Un settore in espansione e a rischio discriminazione

      Il progetto si propone di prevenire le forme di discriminazione lavorativa, anche su base etnico razziale. In Italia il lavoro domestico continua a conoscere un’espansione e ad assorbire soprattutto manodopera straniera: sono più dell’80% le lavoratrici e i lavoratori stranieri.

      In questo contesto, l’arretramento dei servizi di assistenza a causa dei tagli alla spesa pubblica, insieme al ridimensionamento del potere di acquisto delle famiglie, che rischia di aggravare ulteriormente il fenomeno del "sommerso", ha aumentato a dismisura il rischio di discriminazione o che si creino condizioni di lavoro non dignitose.

      L'esperienza delle Acli a Treviso

      In questo settore le Acli hanno maturato una certa esperienza, sia nell’ambito dei servizi di intermediazione di lavoro domestico, all’interno del Patronato Acli, sia in quello di gestione del contratto di lavoro e di tutti gli adempimenti connessi, attraverso Acli Service srl.

      Inoltre le Acli di Treviso promuovono percorsi formativi, attività aggregative e occasioni di incontro grazie all’associazione AcliColf e al Circolo Acli Colf, che permettono di far emergere, tra i molti bisogni di sostegno alle lavoratrici domestiche e alle famiglie, anche la necessità di offrire informazioni puntuali su tutto ciò che riguarda il lavoro di cura e la prevenzione delle forme di discriminazione. 

      L'iniziativa è finanziata con risorse del 5x1000 dell'Irpef anno 2016.

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      #Più60che30: giovani nella vecchia Italia

        #Più60che30: giovani nella vecchia Italia

        "Dobbiamo deciderci finalmente di far uscire i giovani dalle retrovie e schierarli in attacco con strumenti all’altezza delle sfide di questo secolo e con una visione di futuro desiderato da costruire assieme". È l'appello di Alessandro Rosina nel suo contributo pubblicato sul portale Benecomune.net, all'interno di un ciclo più ampio di riflessioni in occasione del Sinodo sui giovani (3-28 ottobre).

        Non ci sono riusciti i governi durante la crisi e l'ultimo periodo di recessione. "Ma ora rischiamo di sprecare anche il vento favorevole della ripresa. Il rischio è quello di trovarsi tra dieci anni a scoprire che la crisi non è stata un’occasione per ripartire ma ha spostato verso il basso il nostro percorso di crescita", avverte Rosina nella conclusione del suo articolo, che ospitiamo anche sul nostro sito.

        Nessun Paese può crescere senza far crescere i giovani

        di Alessandro Rosina 
        Professore ordinario di Demografia e Statistica sociale all’Università Cattolica di Milano
        Tratto dal sito www.benecomune.net

        Nel 2009 con Elisabetta Ambrosi ho scritto un libro che è diventato poi un punto di riferimento sulla condizione delle nuove generazioni, anche grazie al titolo Non è un Paese per giovani. In quel tempo il tema generazionale era trattato con molta retorica e minimizzato nel dibattito pubblico, con una forte tendenza al giudizio sull’indolenza dei giovani anziché lo sforzo di cercare di capire cosa non stava funzionando nei processi di crescita e cambiamento del Paese. Il titolo scelto per il nostro libro era quindi una provocazione, negli anni successivi è però diventato uno slogan usato come presa d’atto di un presente iniquo e squilibrato, ora dobbiamo però evitare che diventi una profezia che si autoadempie.

        Già prima della recessione l’Italia presentava tassi di occupazione non solo giovanile (15-24) ma anche in età giovane-adulta (25-34) e tra i laureati, tra i più bassi in Europa. La crisi ha colpito in modo più accentuato le nuove generazioni, andando ad ampliare squilibri (in termini di occupazione, salari d’ingresso, futuro previdenziale) già in partenza maggiori rispetto al resto delle economie avanzate.

        Questo ha fatto crescere la sfiducia dei giovani verso politica e istituzioni e deteriorato le loro attese positive verso il futuro, come mostrano i dati del Rapporto giovani dell’Istituto Toniolo, attraverso indagini solide condotte dal 2012 ad oggi. Una condizione che li ha schiacciati ulteriormente in difesa, con aumento della propensione a cercare maggiori opportunità altrove e, per chi è rimasto, ad adattarsi maggiormente al ribasso a quanto il mercato offriva, contando maggiormente sull’aiuto dei genitori e rinviando ancor più scelte di autonomia e formazione di una propria famiglia.

        Insomma una generazione intrappolata in un presente insoddisfacente o in fuga. A testimoniarlo sono i dati dell’enorme crescita dei Neet (under 35 che non studiano e non lavorano) e del saldo negativo tra laureati (e non solo) che lasciano il paese e quelli che (ri)attraiamo. Entrambi questi indicatori si sono posizionati su livelli tra i peggiori in Europa. Ricordiamo inoltre che, coerentemente con tutto questo, sono aumentati negli ultimi anni i divari nel rischio di povertà tra under 35 e over 65 a forte discapito dei primi. Lo stesso crollo della natalità è in larga parte conseguenza della condizione bloccata degli attuali giovani-adulti.

        La carenza di politiche pubbliche e di strumenti che consentano ai giovani di camminare da soli, orientare le proprie scelte e realizzarle con successo, porta da un lato ad una iperprotezione dei genitori che indebolisce autonomia, responsabilità e intraprendenza, dall’altro lato a frenare la mobilità sociale e a vincolare verso il basso chi vive in contesti sociali e familiari svantaggiati. Non a caso siamo uno dei paesi con minor accesso alla laurea per chi ha genitori con titolo di studio basso, ma anche, a parità di titolo di studio, con maggior correlazione tra salario dei genitori e dei figli adulti. Più che in altri paesi rischiamo così di rendere “deresponsabilizzati” i figli di genitori in grado di fornire forte aiuto e “demotivati” quelli che nascono in famiglie con meno risorse.

        Quello che serve, quindi, di fondo, è un cambiamento culturale che sposti i giovani dall’essere considerati come figli destinatari di aiuti privati dalle famiglie, a membri delle nuove generazioni su cui tutta la società ha convenienza ad investire in modo solido, attraverso coerenti politiche attivanti e abilitanti. Questo significa aiutare i giovani a non contare solo sulla famiglia di origine ma a rendere il proprio capitale sociale e umano valore aggiunto per la costruzione del proprio stare e agire con successo nel mondo adulto.

        Pertanto non basta ora accontentarsi della luce alla fine del tunnel della recessione per tornare ad essere ottimisti sul futuro del Paese. Nemmeno serve tornare indietro con l’illusione di recuperare vecchie certezze. Serve un nuovo percorso in grado di mettere assieme in modo coerente le potenzialità del Paese e le opportunità del mondo che cambia, con al centro il ruolo autonomo e attivo delle nuove generazioni come motore dei processi di innovazione e produzione di benessere collettivo.

        Dobbiamo deciderci finalmente di far uscire i giovani dalle retrovie e schierarli in attacco con strumenti all’altezza delle sfide di questo secolo e con una visione di futuro desiderato da costruire assieme. Non lo hanno fatto i governi che hanno guidato il Paese durante la recessione ma ora rischiamo di sprecare anche il vento favorevole della ripresa. Il rischio è quello di trovarsi tra dieci anni a scoprire che la crisi non è stata per il nostro paese l’occasione per ripartire con un nuovo modello sociale di sviluppo, ma ha spostato verso il basso il nostro percorso di crescita (schiacciato sempre più insanabilmente da debito pubblico, squilibri demografici, diseguaglianze sociali).

        Fonte: benecomune.net 

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        Democrazia e populismo: no a parole di odio, cerchiamo le verità comuni

          Democrazia e populismo: no a parole di odio, cerchiamo le verità comuni

          Un forte appello alla politica a cercare l’aderenza alla verità, quale presupposto basilare di ogni comunità politica. E un forte appello anche alla società civile, perché torni a mobilitarsi, a rinvigorire la propria vocazione di cittadini, a fare fino in fondo la propria parte, a cominciare dai corpi intermedi (sindacati e associazioni di categoria) per dare il proprio essenziale contributo alla costruzione del bene comune.

          È quanto emerge dal primo incontro del ciclo "Conoscere la democrazia per le sfide di oggi e di domani" della scuola di formazione sociale e politica Partecipare il Presente, inaugurato il 16 ottobre dall'intervento di Antonio Maria Baggio (nella foto), docente di filosofia politica dell’Istituto universitario Sophia di Loppiano, in provincia di Firenze.

          "L’altro come avversario, non come nemico"

          "Ciascuno di noi continui pure a stare o a votare il partito che ha scelto," ha incalzato Antonio Maria Baggio, di fronte alla platea di 400 persone dell'auditorium Pio X a Treviso. "Ma pretenda dai suoi rappresentanti aderenza alla verità. Pretenda un linguaggio sobrio, non violento, non rancoroso, non improntato alla paura, e scelte non strumentali".

          "E pretenda che chi lo rappresenta faccia lo sforzo per riconoscere l’altro come avversario, non come nemico, con il quale ha il dovere di trovare alcune verità di fatto comuni per poter costruire e tenere insieme la comunità politica nazionale. Populismi e democrazia, infatti, presuppongono entrambi l’esistenza di una comunità politica".

          Passando da Hannah Arendt a Platone, dalla nascita della Costituzione italiana al processo di costruzione della casa comune europea, il dibattito ha analizzato la politica nazionale e i partiti dal dopoguerra a oggi, il contratto di Governo e le opposizioni, le attuali forme della comunicazione politica e della leadership, i valori e gli ideali di fraternità, libertà e giustizia.

          "Essere cittadini oggi è compito difficile ma imprescindibile," ha concluso Baggio: "Se la società si mobilita, e un segno di questa mobilitazione è già questa serata promossa da tante associazioni e organizzazioni che lavorano insieme, lo stato delle cose può cambiare. Teniamo conto che il bene è più forte del male, altrimenti non saremmo qui".

          I prossimi appuntamenti

          Dopo l'incontro con Antonio Maria Baggio, seguiranno quelli con Francesco Occhetta, gesuita del Collegio degli Scrittori di Civiltà Cattolica, che interverrà il 30 ottobre sul tema "Democrazia e informazione: creazione di senso e di consenso".

          L'8 novembre sarà la volta di Marco Almagisti, docente di scienze politiche all'Università di Padova, che parlerà di democrazia e disuguaglianza.

          Entrambi gli eventi si terranno alle ore 20.30 presso la sala conferenza della Camera di Commercio di Treviso, in piazza Borsa.

          Il programma completo dell'autunno 2018.

          L'associazione Partecipare il Presente

          La scuola di formazione sociale e politica Partecipare il Presente è il frutto di un patto tra 17 realtà istituzionali e associative della provincia di Treviso. L’associazione è attiva dal 2005 e la costituiscono: Acli di Treviso, Associazione Comuni della Marca Trevigiana, CGIL Treviso, CISL Treviso, CNA Treviso, Confartigianato Marca Trevigiana, Confcooperative Treviso, Confesercenti Treviso, Volontarinsieme CSV Treviso, EBiCom Ente Bilaterale del Terziario e Turismo, Federmanager Treviso Belluno, Forum Associazioni Familiari della provincia di Treviso, ManagerItalia Veneto, Pastorale Sociale e del Lavoro - Diocesi di Treviso, UCID Treviso Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti, Unascom Confcommercio Treviso, Assindustria Venetocentro Imprenditori Padova Treviso.

          Visita il sito partecipareilpresente.it.

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          Una famiglia deve avere una casa dove abitare, una fabbrica dove lavorare, una scuola dove crescere i figli, un ospedale dove curarsi e una chiesa dove pregare il proprio Dio

          Giorgio La Pira