Errore
  • JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 508
Menu

Anche Laura Vacilotto tra le voci che leggono l'enciclica Laudato Si

  • Pubblicato inAcli
Anche Laura Vacilotto tra le voci che leggono l'enciclica Laudato Si

50 voci per rileggere in un mese l’enciclica Laudato si’, una “bussola” per questo tempo

La Laudato Si’, l’enciclica di papa Francesco sulla “cura della casa comune”, può aiutare a riflettere su questo tempo e sullo stile con cui “ripartire”.

Ogni giorno, dal 1° al 31 maggio, giorno di Pentecoste, varie voci del mondo ecclesiale, della cultura, della scienza, delle istituzioni e dell’economia, si alterneranno nel leggere, con un loro brevissimo commento, tutta l’enciclica in “piccole dosi” quotidiane.

I video, realizzati nei propri studi, nelle proprie case, saranno pubblicati ogni giorno alle 17 nella pagina Facebook e Youtube dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose "Giovanni Paolo I”, con la collaborazione delle Diocesi di Belluno-Feltre, Treviso e Vittorio Veneto.

Venerdì 1° maggio hanno dato il via all’iniziativa il vescovo di Treviso, Michele Tomasi, e padre Athenagoras Fasiolo, ortodosso, rettore del monastero di Santa Barbara di Montaner di Sarmede. Sabato 2 si avvicendano mons. Gianfranco Agostino Gardin, vescovo emerito di Treviso, e la giornalista Rai Maria Pia Zorzi. Tra le altre voci i vescovi di Belluno – Feltre e di Vittorio Veneto, un giovane del movimento “Fridays for future”, rappresentanti delle comunità islamica ed ebraica del Veneto, e poi docenti, biblisti, attori, musicisti, imprenditori…

«La situazione attuale del mondo “provoca un senso di precarietà e di insicurezza, che a sua volta favorisce forme di egoismo collettivo”. […] Eppure, non tutto è perduto, perché gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all’estremo, possono anche superarsi, ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi, al di là di qualsiasi condizionamento psicologico e sociale che venga loro imposto» (Laudato Si’ n. 204-205).

L’attualità dell’Enciclica, a cinque anni dalla sua pubblicazione, ha fatto emergere, in un gruppo di docenti e studenti dell’ISSR Giovanni Paolo I, il desiderio di “rileggere” questo testo durante la “Fase 2” della crisi legata a COVID-19: nel momento di ripartire, pur con molta lentezza a con tutte le attenzioni necessarie, sembra importante dialogare e riflettere molto, anche se costretti ad agire con una certa “velocità”, affinché non si punti a “riportare tutto come prima”, né a pensare che, in maniera “magica”, “comunque cambierà tutto”. C’è il rischio concreto che non cambi niente, se non in peggio: a meno che, non si approfitti di questa “sosta forzata” per pensare insieme alle scelte da fare nelle prossime settimane, mesi, anni.

Anche la nostra presidente provinciale Acli Laura Vacilotto leggerà una pagina dell'enciclica.

    Le famiglie si fanno sentire!

    • Pubblicato inAcli
    Le famiglie si fanno sentire!

    Tavola rotonda con 6 parlamentari veneti

    Le famiglie sono state il punto di forza per affrontare questa fase delicata della nostra vita e lo saranno per la ripartenza del Paese.

    Abbiamo organizzato due dirette sulla pagina FB del centro della famiglia con 6 parlamentari veneti, dei maggiori partiti di maggioranza e di minoranza.

    MARTEDI 5 MAGGIO ORE 18-19
    GIOVEDI 7 MAGGIO ORE 18-19

    Sarà un’occasione per esprimere loro:
    - i bisogni delle nostre famiglie;
    - le istanze che ci stanno a cuore;
    - ribadire il contributo indispensabile offerto dalle famiglie per la costruzione della società italiane che domanda di essere riconosciuto in modo strutturale e non sporadico.

    Si può intervenire, scrivendo dei post durante le dirette (non serve essere iscritti a Facebook).

    Una famiglia da sola rischia di perdersi d’animo, insieme possiamo farci sentire.

    Organizza il Centro della Famiglia.
    Partecipano anche le Acli di Treviso, AFi, FISM e Forum delle Associazioni Familiari-

      Ciao Paolone, uno di famiglia

      • Pubblicato inAcli
      Ciao Paolone, uno di famiglia

      Con tanto dolore abbiamo appreso che mercoledì 29 aprile è mancato Gianpaolo Dal Maschio. Storico collaboratore delle nostre Acli, amico fraterno, divertente promotore di autentica socialità.

      "Ci stringiamo l'un l'altro per affrontare assieme questa perdita così dolorosa, purtroppo in un momento di emergenza sanitaria che non ci permette di farlo fisicamente - dice Laura Vacilotto, presidente provinciale Acli. "Sono fiduciosa del fatto che essere parte delle Acli, parte di una comunità, ha aiutato Paolone a sentirsi meno solo e certamente aiuterà tutti noi a sentirlo comunque vicino".

      Tanti i messaggi di ricordo giunti all'associazione.

      "Una persona intelligente, simpatica, ironica, con la rara dote di saper alleggerire le situazioni più complesse - ribadisce Fabio Chiesura, direttore del Patronato provinciale Acli -. Lo ricorderò sempre con l'amicizia di cui ci ha fatto dono e per ciò che mi ha insegnato".

      "Eravamo amici - gli fa eco Mauro Cella, storico operatore della sede di Oderzo -. Quando ci incontravamo ci abbracciavamo e mi chiedeva sempre di raccontargli una barzelletta... Lui era così, immediato e simpatico, Mi mancherà".

      "Eravamo sempre gli ultimi a chiudere i portoni dell'ufficio dopo aver festeggiato il Natale, la Pasqua, tutte le feste - ricorda Andrea Citron, presidente regionale Acli -. Per Paolone le Acli erano una famiglia e per noi era uno di famiglia".

        1° maggio: il lavoro forma l'Italia

        • Pubblicato inAcli
        1° maggio: il lavoro forma l'Italia

        La Festa dei lavoratori cade quest’anno in una situazione drammatica per il nostro Paese. All’emergenza sanitaria, scandita dai numeri dei morti e dei ricoverati, si sta sommando l’emergenza sociale con centinaia di migliaia di imprese e attività ferme, milioni di lavoratori in cassa integrazione, disoccupati e, soprattutto, nuovi poveri. 

        Se guardiamo al passato, l’immagine che abbiamo di fronte è quella dell’Italia uscita dalla II Guerra mondiale: un Paese prostrato e sconfitto che ritrovava però la sua unità intorno alla Carta Costituzionale per iniziare la ricostruzione. Anche oggi abbiamo bisogno di ripartire dalla Costituzione, proprio dalle sue righe iniziali: è il legame con il lavoro che fonda l’Italia, che dà una forma alla nostra vita quotidiana personale e collettiva. 

        Dobbiamo contemporaneamente intervenire sull’emergenza e progettare il futuro del Paese, gettando le basi per un nuovo piano di crescita e sviluppo. Va fatto un investimento vero sulla scuola e sulla formazione, perché lavoreremo in un contesto mutato e ancora condizionato dall’esistenza del virus. Il mercato del lavoro sta cambiando, proiettato sempre di più verso nuove forme, tra cui lo smart working, come dimostra l’esperienza di questi mesi, e in generale il ruolo della tecnologia, come dimostrano le applicazioni dell’Industria 4.0. In questo contesto dovremo monitorare con attenzione i più deboli e i più fragili. Il distanziamento fisico rischia di trasformarsi in distanziamento economico, poi sociale e infine umano. 

        Nel 65esimo dell’istituzione della Festa di san Giuseppe vogliamo riappropriarci della sacralità del lavoro, facendo nostre le parole di Papa Francesco: “il lavoro ci unge di dignità, ci rende simili a Dio, che ha lavorato e lavora, agisce sempre; dà la capacità di mantenere sé stessi, la propria famiglia, di contribuire alla crescita della propria Nazione”. 

        Solo attraverso il lavoro potremo riallacciare i legami delle nostre comunità, rifondare il patto sociale e far ripartire l’Italia. Lo faremo assieme a tutte le organizzazioni che hanno a cuore il destino dei lavoratori, a partire dalle organizzazioni sindacali, Cgil, Cisl e Uil, di cui condividiamo il documento e la campagna di informazione. 

         Roberto Rossini e la Presidenza Nazionale delle Acli  

          Famiglie e scuola online: si può fare?

          • Pubblicato inAcli
          Famiglie e scuola online: si può fare?

          L'associazione Famiglie 2000 organizza tre webinar per approfondire le diverse questioni collegate alla didattica online.

          5 maggio 2020 h. 20.45
          C’ERA UNA VOLTA LA SCUOLA...E ADESSO?

          • Marco ERVAS, Presidente Famiglie 2000
          • Franca DA RE, Dirigente tecnico MIUR USR Veneto
          • Lucia CAVALLIN, Presidente Consiglio Istituto IC5 Treviso
          • Modera: Paolo Vitale, formatore

          12 maggio 2020 h. 20.45
          FUORI CLASSE. FACCIAMO SCUOLA RESTANDO A CASA

          • Sara LIBRALESSO, Scuola Infanzia “D.Valeri” IC5 Treviso
          • Barbara BIANCHIN, Scuola Primaria “G. Comisso” IC Preganziol (TV)
          • Francesca FACCHIN, Scuola Secondaria di I grado “G. Scarpa” Villorba (TV)
          • Francesco INFIRRI, Presidente Consiglio Istituto IC3 Treviso
          • Modera: Paolo Vitale, formatore

          19 maggio 2020 h. 20.45
          DAD. ASPETTI PEDAGOGICI E ORGANIZZATIVI

          • Laura BIANCATO, Dirigente ISS “M. Rigoni Stern” Asiago (VI)
          • Giuliana GALOPPIN, Presidente Consiglio Istituto IC1 Treviso
          • Modera: Paolo Vitale, formatore

          L'iniziativa coinvolge esperti del mondo della scuola e della media education, attraverso un ciclo di tre incontri in modalità webinar della durata massima di 60 minuti.

          I webinar sono rivolti prevalentemente a famiglie, insegnanti e operatori della scuola, ma anche ad altre realtà interessate della società civile e istituzionale.

          Per partecipare al ciclo di webinar, comunica la tua mail cliccando su http://iscrizioni.famiglie2000.it Riceverai una mail di risposta con le modalità di accesso al webinar.

          L’esperienza che genitori e figli stanno vivendo da due mesi, dovuta alla chiusura della scuola per l'emergenza sanitaria, ci ha suggerito di avviare una riflessione sui temi della “didattica a distanza” (DAD), con l’obiettivo di capire, ascoltare e agire, facendo dialogare famiglie e operatori della scuola.

           

            Coronavirus e povertà: la creatività dei volontari, l'urgenza di "stare sul pezzo"

            • Pubblicato inAcli
            Coronavirus e povertà: la creatività dei volontari, l'urgenza di "stare sul pezzo"

            Che il Coronavirus abbia allargato la forbice tra chi ce la fa e chi no, è un dato di fatto evidente a tutti. Che le misure prese a contenimento della pandemia, legittime ed utili dal punto di vista sanitario, abbiano dimenticato i più vulnerabili - persone senza fissa dimora, bambini, disabili - è comprovato. E che i volontari delle organizzazioni del terzo settore abbiamo continuato con determinazione, creatività, un grande senso di prossimità, ad aiutare chi vive in situazioni di fatica è davvero "quello che ha fatto e fa ogni giorno la differenza" nella logica di una società inclusiva per tutti.

            L'Alleanza contro la povertà in Veneto, con questa nota, vuole ribadire come ci siano alcune forme di vulnerabilità che hanno bisogno di essere messe al centro di decisioni politiche efficaci e non procrastinabili per non ritrovarci con fratture sociali e percorsi di marginalità ancora più gravi di quelli precedenti alla pandemia.

            L'emergenza Coronavirus ha toccato da vicino chi vive in strada senza una fissa dimora e deve affrontare i problemi e le limitazioni con disagio ulteriore fino ad assumere toni drammatici: non avere una casa, faticare per accedere al sistema sanitario, rimanere senza la minima rete di protezione - qualche ristoratore che dona gli avanzi, qualche passante che lascia una moneta ... Restano i volontari ad avvicinare queste persone, con dignità e amorevolezza, ma ciò non basta ad offrire loro condizioni di vita “accettabili”.

            C'è poi un altro aspetto che vogliamo ribadire, ed è quello legato all'infanzia. Chiudere le scuole materne ed elementari ha voluto dire non tanto rinunciare alla didattica (quella online procede solo per chi ha gli strumenti e qualcuno affianco che li media), ma soprattutto al valore educativo che la relazione tra pari assume nei bambini. La frattura tra chi ce la fa e chi resta indietro si amplia, travolgendo quanto di più prezioso ha la nostra società, e cioè il futuro, che è rappresentato dai nostri figli. Chi ha meno risorse (culturali, economiche, relazionali) scivola velocemente e il divario si allarga.

            Per l’uno – i senza fissa dimora - e per l’altro – i bambini - nulla è stato fatto, se non ciò che è scaturito dal cuore grande dei volontari e delle associazioni del terzo settore che, seppure chiuse, hanno provato a reinventarsi per non perdere contatti, vicinanza, relazione.

            Certo, la burocrazia che ruota attorno ad ogni movimento ed azione, anche di volontariato, è comprensibile; nonostante ciò ci chiediamo se in un tempo emergenziale qual è l’attuale non sarebbe utile snellire almeno  quella di accesso a pratiche essenziali.

            Chiediamo infine alla Regione, che ci ha recentemente coinvolti per un confronto sullo stato del Piano di contrasto alla povertà, di “restare sul pezzo” con monitoraggi costanti e precisi proprio in questo tempo di Coronavirus e di non attendere di fare la conta dei danni della povertà alla fine. Perché già da ora riteniamo sia necessario cominciare ad immaginare il futuro che andremo tutti insieme ad abitare, desiderandolo inclusivo e partecipato.


            Il Tavolo regionale dell’Alleanza contro la povertà in Veneto è composto da: Acli Sede Regionale del Veneto, Anci Veneto, Associazione Banco Alimentare del Veneto onlus, Azione Cattolica delegazione veneta, Caritas delegazione veneta, CGIL Veneto, CISL Veneto, UIL Veneto, CNCA, Confcooperative -Federsolidarietà Veneto, Federazione Nazionale Società di San Vincenzo de Paoli – Coordinamento Interregionale Veneto Trentino, Federazione Italiana Organismi Persone Senza Dimora, Forum Regionale del Terzo Settore, Sant’Egidio, Save the Children, Umanità nuova – Movimento dei Focolori.

              Una "economia solidale" per la fase 2. L'intervento di mons. Tomasi

              • Pubblicato inAcli
              Una "economia solidale" per la fase 2. L'intervento di mons. Tomasi

              Nel numero in uscita della “Vita del popolo” il vescovo, Michele Tomasi, propone una riflessione sul tema del “dopo emergenza”, in seguito all’interesse che ha suscitato l’omelia pronunciata domenica scorsa, 19 aprile, durante la messa nel Battistero della cattedrale. Eccola:

              “Il tuo grano è maturo oggi, il mio lo sarà domani. Sarebbe utile per entrambi se oggi io lavorassi per te e tu domani dessi una mano a me. Ma io non provo nessun particolare sentimento di benevolenza nei tuoi confronti e so che neppure tu lo provi per me. Perciò io oggi non lavorerò per te perché non ho alcuna garanzia che domani tu mostrerai gratitudine nei miei confronti. Così ti lascio lavorare da solo oggi e tu ti comporterai allo stesso modo domani. Ma il maltempo sopravviene e così entrambi finiamo per perdere i nostri raccolti per mancanza di fiducia reciproca e di una garanzia” (David Hume, Trattato sulla natura umana, 1740, libro III).

              Questo apologo di David Hume, famoso filosofo illuminista scozzese del Settecento, può aiutarci a cogliere uno dei dilemmi di fronte al quale ci troviamo in questo momento così delicato e difficile della nostra storia. Condividiamo in maniera evidente come non mai un destino comune.

              Non è purtroppo ancora terminata la grande emergenza sanitaria che ha causato tanti lutti, che tanto impegno e fatica sta chiedendo a tutto il sistema sanitario, che impone sacrifici a tutti, individui e famiglie, e già dobbiamo riflettere su come mantenere la solidarietà sociale ed economica che ci ha contraddistinto nella storia e che ancora ci caratterizza.

              Ma quello espresso dal dialogo tra i due agricoltori può essere sicuramente un rischio di questo periodo. Giustamente ciascuno si preoccupa per sé e per i suoi, cercando il modo migliore per uscire da questa crisi. Chi costruisce nelle proprie attività, quali che siano, con senso civico, con attenzione alle regole, con spirito comunitario, vorrà continuare a farlo anche in condizioni difficili; chi tende a cavarsela in un modo o nell’altro sarà tentato anche ora di far ricorso a stratagemmi, più o meno onorevoli. Se però non abbiamo motivi di fiducia reciproca, o se le regole da seguire non sono sufficientemente chiare e vincolanti, si rischia il blocco. Il maltempo (nel nostro caso, ahimè, la pandemia) è arrivato, e ora siamo legati gli uni agli altri: quello che di buono sta succedendo, nella capacità di reazione di tutto il nostro sistema, dipende dai legami e dai vincoli di fiducia e di collaborazione che abbiamo stretto sinora. Altrimenti, la tentazione di andare ciascuno per sé diventa probabilmente troppo forte, e rimaniamo esposti alle intemperie.

              Non ci salviamo da soli

              La situazione ha bisogno di soluzioni solidali, coese, a tutti i livelli. Davvero non ci si salva da soli. Più volte e con forza ce lo ha ricordato il Patriarca di Venezia, richiamando le responsabilità di una risposta unitaria e forte da parte dell’Europa: “L’Europa potrebbe farci vedere in questa emergenza quanto è essenziale, decisiva e importante”.

              Si dice che bisogna far ripartire la macchina economica. È vero. Ma l’economia è qualcosa di più complesso e delicato di una macchina. Per usare un’altra immagine, è più un ecosistema, un sistema interconnesso e vitale, perché è, alla fin fine, una rete complessa e articolata di persone. A una macchina puoi cambiare qualche pezzo di ricambio ed essa continua a funzionare, magari anche meglio di prima. Se a un’economia togli una parte, quella parte era un’impresa, una bottega artigiana, un negozio, un operaio, un impiegato. E sempre insieme ad altre persone, i colleghi, i dipendenti, i fornitori, le famiglie. E non è la stessa cosa che dopo la ripartenza ci siano ancora tutti oppure no.

              Per aiutare le singole persone, anche e soprattutto i più deboli e i più fragili, ci vuole il contributo di tutti, e ci vuole ora.

              Lo Stato e le reti di solidarietà

              Lo Stato e i suoi organismi debbono dare tutte le garanzie affinché le persone possano prendersi cura delle proprie attività, affinché non ci siano i drammi di perdite di posti di lavoro, o di chiusure. Ciascuno dovrà garantire, con comportamenti responsabili e affidabili, l’impegno a fare la propria parte, a non tradire la fiducia accordata, anche con sacrifici sugli stili di vita, anche con necessarie scelte di sobrietà. Quello che non viene dallo Stato – o fino a che quanto messo a disposizione non arriva – dovremo metterlo in circolo con grandi reti di solidarietà.

              Un ecosistema vitale ha bisogno di tutta la sua diversità, affinché il valore che circola in esso possa arrivare a più persone e famiglie possibile. Il sole che batte sul deserto o su un piazzale asfaltato riscalda solo la superficie e si disperde. I suoi raggi che danno energia a una foresta rigogliosa passano alle piante, a quelle grandi e a quelle più piccole, alle alte e al sottobosco, agli animali di tutti i tipi che vi abitano, a tutte le forme di vita che interagiscono e si alimentano e si sostengono a vicenda. Lo stesso calore si trasforma qui in una vita lussureggiante.

              Denaro, beni, servizi, imprese, innovazione, terzo settore

              Così è anche per l’ecosistema che è la nostra economia. Il denaro che circola in un’economia differenziata e vitale può fare molta strada e rinforzare molte attività durante il suo passaggio. Abbiamo bisogno di produzione di beni e di servizi, di filiere produttive articolate e interdipendenti, di imprese grandi e piccole, di un’agricoltura che valorizzi il territorio e le sue risorse; abbiamo bisogno di posti di lavoro e di spazi di innovazione e di partecipazione, in particolare per i più giovani; abbiamo bisogno di un terzo settore che sappia rispondere alle necessità dei singoli e delle famiglie con creatività e competenza, abbiamo bisogno di una vita culturale di spessore e di qualità… dobbiamo insieme prenderci cura della varietà delle articolazioni della nostra società.

              Toniolo e la cooperazione

              Più di cento anni fa il beato Giuseppe Toniolo, un grande trevigiano, mentre era professore di Economia politica all’università di Padova ha scritto un libro dal titolo “Sulla distribuzione della ricchezza”. In esso, tra tanti altri argomenti, prendeva posizione a favore della cooperazione – grande contributo delle nostre terre allo sviluppo di un’economia moderna e solidale – e distingueva fra tre forme di essa, quella di consumo, di credito e di produzione. Se la prima permetteva alle classi lavoratrici e agli artigiani di risparmiare sui consumi, le altre permettevano una circolazione solidale del denaro e una partecipazione ad imprese condivise. Anche allora, forme differenti di collaborazione per mettere a disposizione di tutti i vantaggi del progresso. “La cooperazione intende a favorire e attuare immediatamente l’esercizio dell’industria da parte dei popolani” scriveva Toniolo. L’italiano dell’Ottocento è un po’ distante dal nostro, ma il contenuto credo sia chiaro ed ancora illuminante. Le forme di cooperazione “tutte convergono quindi a creare un ceto di mezzane e minute imprese, che soddisfino in qualche misura all’aspiro d’indipendenza della parte più eletta di lavoratori e colmino l’abisso fra il salariato e i grandi imprenditori” (Giuseppe Toniolo, “Sulla distribuzione della ricchezza. Lezioni”, 1878, 123). Si tratta dunque di un ceto di piccole e medie imprese, oggi aggiungeremmo anche il terzo settore e la grande esperienza del volontariato, come espressione viva della società civile.

              Partecipare al bene comune

              Anche noi oggi possiamo osare nel trovare forme nuove di collaborazione fra tutti, in proporzione alla dimensione della sfida che ci sta davanti. L’intreccio delle forme di vita sociale ed economica va salvaguardato per garantire a tutti di partecipare in maniera responsabile e dignitosa al bene comune. Questo permetterà anche di integrare tutti quelli che fanno più fatica, per molti motivi, a tenere il passo: ridurre le disuguaglianze è un servizio efficace all’inclusione di tutti, alla condivisione di una vita migliore per tutti noi, al superamento della crisi che stiamo vivendo.

              David Hume non aveva una grande fiducia nelle motivazioni individuali in vista del bene comune, e credeva di più a sistemi di regole e a dure sanzioni. C’è certamente bisogno anche di questo. Sicuramente aveva ragione quando descriveva la natura della felicità, allora come ora: “Una solitudine completa è forse il castigo più grande di cui possiamo soffrire, ogni piacere goduto da soli languisce, ogni pena si fa più crudele e insopportabile… Che la potenza e gli elementi della natura obbediscano all’uomo, che il sole sorga e tramonti a un suo cenno, che la terra lo provveda di ciò che gli può essere utile e gradito, egli rimarrà un infelice fino a quando non mettete vicino a lui una persona con cui dividere la sua felicità” (“Trattato dell’umana natura” II, II, 5).

              E questo, credo, lo possiamo confermare tutti, in questo nostro tempo di isolamento.

              + Michele Tomasi, vescovo

                Susegana: santa messa per il primo maggio

                Susegana: santa messa per il primo maggio

                Nonostante il Coronavirus, la santa messa del primo maggio a Susegana sarà celebrata, secondo le disposizioni a porte chiuse.

                E' un appuntamento tradizionale per il Circolo Acli e quest'anno verrà trasmessa in diretta streaming sul canale youtube dell'unità pastorale di Susegana.

                A presiederla, insieme agli altri sacerdoti della collaborazione, don Andrea Forest, parroco e direttore dell'Ufficio diocesano di Pastorale sociale e del lavoro.

                "Nulla sarà come prima anche per il mondo del lavoro, che ha prima rallentato e poi ha visto fermarsi la propria attività - hanno scritto i Vescovi italiani nel loro messaggio in occasione del primo maggio 2020 -. Già si contano danni importanti, soprattutto per gli imprenditori che in questi anni hanno investito per creare lavoro e si trovano ora sulle spalle ingenti debiti e grandi punti interrogativi circa il futuro della loro azienda. (...) Costruire un’economia diversa non solo è possibile, ma è l’unica via che abbiamo per salvarci e per essere all’altezza del nostro compito nel mondo. E’ in gioco la fedeltà al progetto di Dio sull’umanità.".

                  Buoni postali serie BA-1998

                  Buoni postali serie BA-1998

                  Secondo la giurisprudenza ormai consolidata della Corte di Cassazione per i buoni postali fruttiferi emessi tra il 1973 e il 1999 era consentito modificare i rendimenti successivamente all'emissione mediante decreto ministeriale; tuttavia nel caso in cui siano riportati nei buoni rendimenti diversi rispetto a quelli del precedente decreto istitutivo dei titoli stessi, devono ritenersi prevalenti le condizioni riportate nello stampato, essendo implicita la volontà delle parti di derogare alla disciplina ministreiale.

                  Per i buoni della serie BA con durata di quattrodici anni emessi per l'interno anno 1998 Poste Italiane ha utilizzato in molti casi gli stampati della precedente serie AF per la quale erano previsti rendimenti maggiori.

                  I rendimenti dovuti da Poste sono quelli della più redditizia serie AF: ad esempio per un buono da un milione di lire dovrà essere riconosciuto un importo di euro 1.355,71 anzichè quello di euro 90,805 corrisposto da Poste.

                  Ciò perchè i buoni della serie BA sono stati istituiti con D.M. del Tesoro del 24.12.1997; di conseguenza i titoli avrebbero dovuto essere emessi utlizzando stampati conformi ai rendimenti già vigenti.

                  Occorre precisare che il termine di prescrizione di cinque anni indicato sul retro dei titoli è stato esteso a dieci anni ed è pertanto ancora possibile per coloro che hanno accettato un importo inferiore rispetto a quello dovuto ottenere quanto di loro spettanza.

                  Silvia Illuminati, Lega Consumatori Treviso

                    Occhio alle truffe sui conti correnti

                    Occhio alle truffe sui conti correnti

                    Tutto comincia con un sms apparentemente proveniente dalla propria banca in cui viene richiesta la convalida del numero di cellulare accedento ad un link; la semplice convalida del proprio numero telefonico non sembra all'utente una richiesta anomala che clicca sul link digitando il proprio numero.

                    La pagina web che si apre è pressochè identica a quella dell'home banking e mediante la tecnica dell'overlays si sovrappone ad essa.

                    Quando l'utente convinto di accedere alla propria app prova ad accedere alla pagina web creata dai malfattori senza riuscirvi digita le proprie credenziali che vengono carpite e utilizzate per dar corso alle operazioni bancarie.

                    La protezione fornita dal doppio fattore di autentiticazione dal sms alert viene neutralizzata dalla capacità che ha il virus di intercettare e distruggere gli sms prima dell'arrivo della notifica cosicchè l'utente finisce per accorgersi dell'operazione fraudolenta solo quando la transazione è ormai andata a bon fine.

                    I bonifici o pagamenti effettuati vengono trasferiti verso conti correnti appartenenti a società offshore coperti da segreto bancario e diventano quindi non rintracciabili.

                    Ogni sms o email apparentemente proveniente dalla propria banca che rimanda ad un link deve quindi essere ignorato.

                    Ottenere un risarcimento dall'istituto di credito non è impossibile ma occorre dar prova della messa in atto di una truffa complessa ricostruendo tutti i passaggi preordinati alla realizzazione della truffa e fornendo indizi che facciano presumere l'anomalia dell'operazione.

                    Silvia Illuminati, Lega Consumatori Treviso

                      Sottoscrivi questo feed RSS
                      Una famiglia deve avere una casa dove abitare, una fabbrica dove lavorare, una scuola dove crescere i figli, un ospedale dove curarsi e una chiesa dove pregare il proprio Dio

                      Giorgio La Pira