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Con i piedi fuori dai luoghi comuni

    Con i piedi fuori dai luoghi comuni

    Tre giovani trevigiane sono partite quest’estate con i campi internazionali di volontariato di Terre e Libertà.

    Anche l’esperienza estiva di quest’anno dei campi di Terre e Libertà, organizzati da Ipsia ong delle Acli, si è rivelata una bella occasione di conoscenza e di scelte coraggiose di cambiamento da parte di coloro che hanno aderito. Da Treviso Lucia ed Anna sono partite alla volta del Kenya mentre Grazia è stata in Moldavia.

    Ecco cosa ci scrivono:

    CONOSCERE PER CAPIRE E POI AGIRE
    di Anna Marchetto

    E’ stato un “viaggio”, quello in Kenya, che tanto avevo desiderato in passato e che un po’ per caso mi è capitato di poter fare quest’anno grazie al progetto Terre e Libertà di Ipsia. Un viaggio certo rigenerante ma che al contempo ha scosso la mia testa e il mio cuore su molte questioni.

    Nairobi-Kitheno-Meru-Naniuky-Nyahururu-Naivasha-Nairobi: il nostro percorso è stato di accoglienza, incontri, storie di persone comuni e fuori dal comune, realtà ormai radicate nel territorio che svolgono attività preziose per la comunità. Abbiamo avuto il piacere di condividere qualche ora di lavoro con le donne della Tea Factory e della Jam Factory della Meru Herbs, di giocare con i bambini del circondario di Kitheno, oltre che l’interessante possibilità di osservare da vicino le scuole dei dintorni, siamo passati per Naniuky ad incontrare i bambini di un orfanotrofio nato da una storia di coraggio e grande fede, abbiamo conosciuto le strutture del S.Martin che si occupano di sostenere la comunità locale nel fare rete per prendersi cura vicendevolmente l’uno dell’altro e che ospita ragazzi e ragazze di strada oltre che una comunità per disabili; abbiamo incontrato Jack e i ragazzi del centro di Amani a Nairobi, che lavora con i ragazzi dello slum di Kibera. Tra le varie tappe anche i parchi del Samburu e dell’Hell's Gate, riserve naturali dai paesaggi stupendi e dalla fauna caratteristica per cui il Kenya è famoso in tutto il mondo. Tanti tasselli che compongono una realtà non sempre facile da interpretare dal punto di vista di un muzungu (uomo bianco), abituato a dare per scontate molte cose.

    Uno stato, il Kenya, all’apparenza ricco di contraddizioni ma anche popolo di tradizioni vive e ricco di risorse che vengono spesso sfruttate dagli europei senza che questo abbia un’utilità per i locali o gestite in maniera impari dallo stesso stato.

    Sono felice di aver avuto la possibilità di osservare con i miei occhi questo pezzo di mondo, di aver avuto occasione di conoscere le persone che ne fanno parte e di aver iniziato a comprendere alcune delle problematiche che di fatto non sono così distanti da noi e credo ci interpellino direttamente anche a casa nostra. Sono tornata con un forte desiderio di approfondire, informarmi sulle questioni che l’esperienza mi ha suscitato; ad esser sincera non so dove mi porterà questo percorso ma spero mi possa rendere capace di guardarmi attorno con maggiore coraggio ed attenzione.

    DIVERSI, NON DISUGUALI, E VICINI
    di Lucia Zuccarello

    Colta la sfida lanciata da TL, siamo partiti per il campo di volontariato in Kenya: in un altro stato, in un altro continente. Al nostro arrivo all’aeroporto di Nairobi la diversità si è fatta sentire già dai primi istanti: diversità nel colore della pelle, diversità dell’ambiente caratterizzato dalla terra rossa, dalle strade piene di dossi e i paesi costruiti attorno a delle capanne di alluminio o di fango e sterco, diversità nella cultura e nelle abitudini come ad esempio l’importanza data al saluto, mai fugace e sempre accogliente. La diversità, non come sinonimo di disuguaglianza e quindi inferiorità, ma intesa come possibilità di confronto e arricchimento, è stato un tema che in qualche modo ci ha accompagnati in tutte e tre le settimane di questa particolare esperienza nelle quali abbiamo potuto cogliere molteplici e sottili sfumature tra i comportamenti delle persone che abbiamo incrociato.

    Durante il nostro percorso abbiamo incontrato bambini appartenenti a contesti molto diversi tra loro che hanno di conseguenza manifestato reazioni differenti nei nostri confronti. Inizialmente ci siamo occupati dell’animazione tra i bambini dei villaggi attorno alla guest house di Meru Herbs, difficili da contenere e senza regole, con il bisogno di appropriarsi anche di un solo pennarello. Qui la diversità si è fatta molto sentire: un colore della pelle diverso che spaventava i più piccini e incuriosiva i più temerari e che spesso ci faceva etichettare come dei muzungu solamente ricchi, invitandoci quindi riflettere sull’utilità del nostro ruolo in quella situazione.

    Nell’ultima settimana di turismo responsabile abbiamo conosciuto, spesso anche solo in maniera molto fugace, varie realtà; abbiamo avuto l’opportunità di trascorrere del tempo assieme a dei bambini appartenenti ad altre tribù ma soprattutto provenienti da realtà familiari difficili o assenti eppure sempre pronti a mettersi in gioco, ad accoglierci e a ricevere ogni singolo sorriso e abbraccio che potevamo donare. Abbiamo incontrato i bambini accolti in strutture come l’orfanotrofio “Fuhara Foundation” a Nanyuki, centri di accoglienza per i ragazzi disabili, bambini sieropositivi o allontanati dalle famiglie anche in seguito ad abusi come quello del Saint Martin a Nyahururu e il centro per bambini di strada di Amani a Nairobi. Bambini diversi tra loro ma anche profondamente diversi dai bambini italiani inseriti in una realtà dove troppo spesso si danno per scontati molti aspetti della vita quotidiana come la comodità della nostra casa con una doccia calda, l’asfalto delle strade, la disponibilità di un pasto con il privilegio di poter scegliere cosa mangiare, e non ultimo l’affetto dei genitori e degli amici.

    Diversi contesti che hanno suscitato diverse emozioni, talvolta tra loro contrastanti, da riordinare per evitare che un’esperienza di tale portata non rimanga solo un effimero ricordo.

     

     

     

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    Una famiglia deve avere una casa dove abitare, una fabbrica dove lavorare, una scuola dove crescere i figli, un ospedale dove curarsi e una chiesa dove pregare il proprio Dio

    Giorgio La Pira