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Gita a Caporetto e Cividale il 5 ottobre con il Circolo di Roncade

    Il Circolo Acli Oratorio di Roncade organizza per domenica 5 ottobre una gita a Caporetto e Cividale del Friuli a 100 anni dall'inizio della 1° Guerra Mondiale. Una giornata nei luoghi che videre la "battaglia di Caporetto" dell'ottobre/novembre 1917.

    Il programma prevede: la partenza alle 7.00 dal piazzale delle scuole medie di Roncade, l'arrivo a Caporetto (Kobarid) e la visita guidata al Museo della Grande Guerra e all'Ossario Italano dalle ore 10.00 alle 12.30, il pranzo e la partanze per Cividale del Friuli dove si terrà la visita guidata al Duomo, al Tempietto Longobardo, al Ponte del Diavolo. Il rientro è previsto a Roncade per le 21.

    Il costo, comprensivo di trasporto, ingresso al Museo e all'Ossario Italiano con visite guidate a Caporetto a Cividale del Friuli, pranzo e merenda è di 57 euro.

    Le prenotazioni presso Tarcisio Rigato 3335610679 Renato Benedetti 3460923154 Aldo Donati 3355665412 Edda Segato 0422 707057.

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    Diritti umani: dalla regione un contributo alle scuole

      La proposta di Ipsia sarà orientata al tema del consumo consapevole di cibo e allo spreco alimentare

      Da una parte il cibo, lo spreco e il consumo consapevole. Dall’altro i diritti degli adolescenti, quelli ormai consolidati ed anche quelli che invece sono ancora tutti da conquistare. Su questi temi Ipsia Treviso ha elaborato due percorsi formativi per le scuole medie che sono stati inseriti nel Piano  2014 per i diritti umani della Regione Veneto, da cui gli istituti scolastici possono attingere per i propri studenti.

      “E’ il meccanismo del voucher - spiegano i volontari di Ipsia - e funziona sostanzialmente così: con un avviso pubblico gli enti no profit sono stati invitati ad elaborare dei percorsi educativi destinati alle scuole; quelli approvati hanno ora visibilità sul sito regionale in modo che gli istituti scolastici possano scegliere i progetti per loro più interessanti o utili e attivarli nelle loro classi”. Sarà possibile chiedere alla Regione di fruire di un voucher, assegnato di fatto “a sportello” cioè in ordine di arrivo della richiesta e fino ad esaurimento fondi, per sostenere i costi del percorso didattico.

      Dimmi come mangi… e ti dirò chi sei!” è il primo progetto presentato da Ipsia: prevede tre incontri in scuole medie, al cui interno è inserita anche una testimonianza ed una esperienza pratica, e mira a far riflettere gli studenti sull’articolo 25 della Dichiarazione universale dei diritti umani. Il percorso vuole sensibilizzare i ragazzi sul tema del consumo responsabile, rendendoli consapevoli del fatto che, in quanto consumatori, possono influire sulle scelte di consumo quotidiano,a partire per esempio dalla merenda.

      Scopriamo insieme i tuoi diritti!”: invece è una proposta di due incontri, sempre in scuole medie, con lo scopo di approfondire attraverso il gioco la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. I ragazzi sono guidati ad una discussione critica sui diritti sanciti dal documento internazionale, stimolando anche una riflessione sulla loro violazione e sulle possibilità di difesa anche nel quotidiano.

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      Passa anche dal Terzo Settore la via di rilancio del Paese

        Il Terzo Settore può davvero rappresentare un volàno di sviluppo.

        Partecipazione, trasparenza, semplificazione. Ma anche vero riconoscimento, investimenti e promozione tra i principi riconosciuti dal Disegno di legge delega presentato lo scorso agosto dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti e dal sottosegretario Luigi Bobba.

        Dopo un percorso di confronto con oltre un migliaio di realtà del territorio, il documento di riforma del Terzo Settore è arrivato questa estate in parlamento per la discussione e l’approvazione; poi, tornerà al Governo per i decreti specifici che si proporranno di mettere ordine sulla materia con l’obiettivo di promuovere questo mondo sempre più strategico per il futuro. Ne parliamo con Stefano Tassinari, vicepresidente delle Acli nazionali con delega all’economia, al lavoro e al Terzo Settore.

        Con quali obiettivi nasce questo progetto di riforma?
        Per promuovere il Terzo Settore e per semplificarne, riordinarne e innovarne le norme, il Governo con un disegno di legge chiede al Parlamento la delega perintervenire entro un anno con appositi decreti.
        I 7 articoli si concentrano sulla revisione delle parti sul Terzo Settore contenute nel codice civile, sul riordino e il coordinamento delle disposizioni vigenti in un testo unico e sulla revisione delle discipline che riguardano l’impresa sociale e il servizio civile. Non basta, dunque, essere solo no profit perchè il Terzo Settore va ancorato agli articoli 2, 3, 18, 118 della Costituzione: solidarietà, pari dignità ed eguaglianza, libertà di associazione, sussidiarietà.

        Quali sono gli elementi sostanziali della legge delega?
        Il ddl propone alcune linee, tra le quali: la trasparenza dell’operato; la definizione di obblighi di controllo differenziati a seconda delle dimensioni e dell’impiego di risorse pubbliche; la semplificazione del riconoscimento della personalità giuridica; la definizione di un registro unico; la valorizzazione degli enti di Terzo Settore nella programmazione e nell’organizzazione delle politiche sociali, culturali, ambientali; la promozione di processi aggregativi e la valorizzazione delle reti di secondo livello; l’armonizzazione delle discipline su volontariato e promozione sociale; la revisione del sistema dei centri servizi per il volontariato e degli osservatori nazionali; la razionalizzazione delle forme di incentivo alla donazione e delle forme di regime fiscale semplificato; la riforma del 5x1000 con relativa accelerazione delle erogazioni; l’introduzione di titoli di solidarietà e di altre forme di finanza sociale; la promozione dell’assegnazione di immobili pubblici inutilizzati e dei beni confiscati; la previsione per le imprese sociali di misure per raccogliere capitali di rischio, investimenti, e di un fondo rotativo (unica misura finanziata: 50 milioni).

        Un intervento importante arriva per le cooperative sociali…
        L’art. 4 punta ad alcune innovazioni nell’ampliare l’attività di impresa sociale prevedendo tra l’altro: l’attribuzione del di diritto della qualifica di impresa sociale alla cooperazione sociale; l’uso solo prioritario degli utili a obiettivi sociali; il coinvolgimento di utenti e dipendenti; la revisione dell’attribuzione facoltativa della qualifica di impresa sociale; l’ampliamento dei settori di attività e la razionalizzazione delle categorie di soggetti svantaggiati; la previsione di forme limitate di remunerazione del capitale e di ripartizione degli utili; la possibilità, limitata a ruoli non di direzione, che amministrazioni pubbliche e imprese private entrino negli organi di amministrazione.

        … e per il servizio civile, almeno negli intenti!
        La parte sul Servizio Civile (art. 5) mira a farlo diventare universale rimodulando i tempi e l’organizzazione, prevedendo una programmazione triennale, auspicando anche una parziale esperienza all’estero o in progetti di cooperazione allo sviluppo.

        Soddisfazione complessiva sul ddl è stata espressa dal Forum. Quali sono gli aspetti positivi?
        Ce ne sono diversi: l’intenzione di riordinare, semplificare, innovare e promuovere; l’apertura ad un generale migliore approfondimento e riconoscimento del ruolo del Terzo Settore; la trasparenza e una definizione di forme di controllo mirate e proporzionate. E’ positiva anche la prospettiva di rilancio dell’impresa sociale, oggi rimasta al palo, e la scelta di porre l’obiettivo di un servizio civile universale.

        Ci sono comunque delle perplessità, su servizio civile e stabilizzazione del 5x1000. In cosa consistono?
        Mancano le risorse per questi due ambiti di intervento, che sono rimandate alla legge di stabilità. Ma voglio qui sottolineare anche altri due aspetti: occorre fare molto per semplificare la vita a chi fa Terzo Settore, partendo dal considerare “associazionismo e volontariato di fatto” molte esperienze informali, senza che si debba fare uno statuto e varie burocrazie, per esempio, per organizzare un comitato di genitori della scuola o per fare le pulizie della chiesa, e arrivando a forme semplificate di rendicontazione e di altre procedure per le attività delle organizzazioni di base.
        Inoltre sull’imprese sociali vorremmo che, laddove il testo recita "prioritariamente i propri utili per il conseguimento di obiettivi sociali" fosse eliminato "prioritariamente" e che la possibilità di remunerare il capitale e di ripartire gli utili prevedesse una aggiunta del tipo "comunque in coerenza con gli scopi non lucrativi dell'impresa sociale". L’esperienza di impresa sociale deve rimanere propria del Terzo Settore.

        Il terzo settore diventerà, anche con questo ddl, sempre più strategico per il futuro? In che modo?
        Il Terzo Settore è chiamato a una riflessione su se stesso. Nella crisi possiamo essere una stampella di un welfare in ritirata lasciando spazio a un welfare degli affari, oppure rilanciare quella partecipazione e quel senso di comunità che oggi manca, proponendo una economia che cerca innanzitutto la propria efficienza nella crescita della società tutta, e non nel suo sfruttamento.
        Rilancio e rifinanziamento delle politiche sociali (compreso la definizione di un reddito di inclusione attiva contro la povertà assoluta), cultura, scuola, patto per la salute… rappresentano altre sfide determinanti. Il punto sarà immaginarsi meno fornitori e più animatori e promotori di uno sviluppo orientato al bene comune, alla organizzazione dei diritti, alla socialità, intesa come quel coinvolgimento attivo di tutti i cittadini che oggi manca.

         

        LUIGI BOBBA: NON DI SOLO PIL VIVE UNA SOCIETA’
        IL TERZO SETTORE E’ STRATEGICO PER L’ITALIA

        Un motore di partecipazione e auto organizzazione dei cittadini che conduce ad un welfare partecipativo e inclusivo nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà”. Con queste parole Luigi Bobba sottosegretario al Ministero del Lavoro, già presidente nazionale Acli, definisce la riforma del Terzo Settore che ha curato fin nei minimi dettagli.

        “Questa riforma costituisce un elemento di forte discontinuità e novità rispetto ai governi precedenti innanzitutto perché siamo intervenuti non in modo settoriale ma a 360° con ricadute che spaziano dalla dimensione civilistica a quella fiscale, dalle leggi di settore a elementi di forte innovazione come la normativa per l’impresa sociale o quella sul servizio civile”. In linea, del resto, con il fatto di considerare il “Terzo Settore” in realtà “Primo Settore”, tutt’altro che marginale e capace di concorrere alla rinascita, al rilancio, alla riqualificazione del nostro paese, di creare nuova occupazione e di generare economia sociale.

        “La legge delega – prosegue Bobba - si fonda su alcune parole-chiave: semplificazione, trasparenza, riordino e innovazione. Tra tutti voglio ricordare due interventi previsti: la revisione del Codice civile per la parte che riguarda tutti i soggetti del Terzo Settore: associazioni, fondazioni e altre soggetti di tipo privato che operano senza scopo di lucro ma che svolgono attività di utilità sociale. E ancora, l’intervento di razionalizzazione e riorganizzazione dello strumento  del 5 per mille – che, più dei due terzi dei contribuenti utilizzano in occasione della dichiarazione dei redditi - la promozione e lo sviluppo dell’impresa sociale e l’istituzione di un servizio civile universale finalizzato alla difesa non armata”. E nella delega vi sarà un primo finanziamento per il Fondo per lo sviluppo delle imprese sociali; per la rimozione del tetto del cinque per mille e per il servizio civile invece si prevede che la legge di stabilità disponga le necessarie risorse.

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        MEDIO ORIENTE: LA FINE DI UN MONDO

          Il conflitto è feroce. Solo una "nuova Jalta" mediorientale potrà trovare possibili soluzioni

          Questa estate, in poche settimane, quello che era considerato un gruppo di fanatici jihadisti è diventato una grave minaccia in tutta la Mesopotamia, scuotendo dalle fondamenta l’intera regione. Il sociologo Renzo Guolo ci aiuta a tentare di capire cosa sta succedendo in Iraq e in Siria, dove la crisi umanitaria diventa giorno dopo giorno sempre più grave.

          Un conflitto feroce, che quotidianamente ci invia notizie di persecuzioni ed esodi forzati, fucilazioni di massa, violenze di ogni tipo. E’ quello che si sta consumando tra Siria e Iraq dove l’Isil, il gruppo che si fa chiamare Stato islamico da quando ha proclamato la nascita del califfato alla fine di giugno, è diventato una minaccia strategica di prim’ordine. Guidato da Abu Bakr Al Baghdali, sta consolidando il suo controllo su parte della Siria e si sta radicando sul territorio iracheno.

          “Quello in corso in Mesopotamia è il crollo di un mondo – spiega Renzo Guolo, docente di Sociologia all’Università di Padova -, un terremoto politico e culturale che non ha precedenti” che ha visto l’avanzata fulminea del gruppo jihadista dell’Isil contro le minoranze, cristiane o yazidi, e contro gli sciiti.

          Cosa sta accadendo in Medio Oriente?
          Assistiamo alla destabilizzazione dei confini degli stati nazionali usciti dal tracollo dell’impero ottomano all’inizio del secolo scorso. Il gruppo di Al Baghdadi, che rappresenta un fattore di grande destabilizzazione per tutta la regione, ha sfruttato un vuoto creato dall’assenza dello stato e dalla perdita del senso di appartenenza nazionale in Siria e in Iraq. A Baghdad l’Isil si riconduce alla componente sunnita irachena, tenuta ai margini da un governo che, a partire dall’invasione guidata dagli Stati Uniti dieci anni fa, si è sempre più caratterizzata per una forte impronta sciita. Inoltre, sostiene la maggioranza sunnita in Siria, temprata dalle repressioni e dalla lotta a Bashar Al Assad. La crisi degli stati nazionali ha portato le comunità a cercare identità di appartenenza religiosa o etnica, mettendo in discussione la configurazione territoriale dei regimi al potere.

          Lei ha definito questa “una guerra per procura”. Perché?
          Sullo sfondo del conflitto stanno le due potenze confessionali protettrici dell’una e dell’altra parte in campo: l’Arabia Saudita per i sunniti, l’Iran per gli sciiti che su questo terreno di guerra entrano in concorrenza tra loro. Lo Stato islamico si è di fatto affermato all’interno del fronte dell’opposizione militare siriana grazie all’appoggio di Riyad, tanto che ora gli Stati Uniti cominciano a pensare che Assad sia “il male minore”, e si è imposto in Iraq dove l’Iran sostiene il governo violento e settario dello sciita Al Maliki. Ciò non sarebbe stato possibile senza i proventi e gli aiuti che provengono dal Golfo. Teheran, dal canto suo, si è concentrata sulla repressione della rivolta contro gli Assad e ha appoggiato gli sciiti di Baghdad. L’Arabia Saudita, monarchia assoluta sostenuta da un apparato religioso wahabita – una corrente assolutista dell’islam sunnita -, ha contrastato l’Iran nei conflitti in atto nella regione mediorientale. E anche la Turchia ha giocato la sua parte a fianco della jihad.

          Quale “exit strategy” è perseguibile?
          Serve un progetto strategico che ridefinisca gli equilibri di tutta l’area. Ad oggi appare evidente come l’Onu non sia efficace senza l’accordo tra le superpotenze e che gli Stati Uniti siano quantomeno riluttanti ad intervenire in quel “vespaio”, specie dopo l’esperienza in Afghanistan. Credo non ci potrà essere soluzione senza una “Jalta mediorientale”, una conferenza che riconosca gli equilibri e le sfere d’influenza delle potenze coinvolte. Il vero nodo da sciogliere resta il grande conflitto tra Iran e Arabia Saudita, dentro cui ogni guerra regionale e locale assume la sua cornice. E quel conflitto non è prettamente economico – per cui sarebbe anche più facile una negoziazione e un punto di accordo di interesse – ma una competizione per l’egemonia dell’islam religioso.

          La componente confessionale è dunque il tassello fondamentale di questa disgregazione?

          Venendo meno gli stati nazionali e i regimi che li hanno guidati, sono caduti anche i partiti nazionalisti che li hanno sostenuti e che erano interconfessionali: oggi quello di Assad, come dieci anni fa quello di Saddam Hussein. Ora le comunità si identificano prima come sunnite o sciite e solo in un secondo momento come irachene, o siriane, o turche… L’identità religiosa, che non è una questione di fede quanto piuttosto etnica e di comunità, supplisce al vuoto politico e nazionale.

          Si discute molto di italiani, europei, volontari per il jihad…
          Secondo la nostra intelligence sono circa una cinquantina gli italiani, cittadini di seconda generazione, residenti e convertiti, che combattono tra Iraq e Siria nell’Isil. Qualche migliaia invece gli europei jihadisti in Medio Oriente. Si tratta di un fenomeno che riguarda la natura globale dell’ideologia islamista radicalizzata; questa estremizzazione sfrutta il rancore, l’incertezza, l’insoddisfazione di persone che vivono in Occidente con storie di vita faticose sia per identità che per integrazione. L’islam radicale è l’ultima grande ideologia totalizzante rimasta, che divide in amico/nemico, noi/loro, offrendo uno sbocco al rancore e un’esperienza collettiva forte. Va contrastato non solo sul piano della sicurezza perché è soprattutto una battaglia culturale, in cui la componente islamica moderata va coinvolta e valorizzata.

          Il Papa ha parlato di terza guerra mondiale, ma “a pezzi”. Cosa le richiama questo grido d’allarme?
          Viviamo un tempo storico di grande conflittualità globale: non solo l’Iraq o la Siria; pensiamo alla guerra tra palestinesi e israeliani, alla martoriata Africa, all’Ucraina… Da un punto di vista di macroscenario, ciò dipende dal grande vuoto che il progressivo ritiro delle superpotenze Stati Uniti e Russia hanno lasciato nel pianeta. Si tratta di un elemento abbastanza recente, se pensiamo che dopo la seconda guerra mondiale le sfere di influenza erano chiaramente definite, così come gli equilibri e le alleanze. Oggi il mondo è troppo grande per essere governato solo dagli Stati Uniti d’America, che per primi si dimostrano riluttanti ad intervenire per garantire o ristabilire equilibri di convivenza nelle zone martoriate dalle guerre. La loro progressiva ritirata ha lasciato vuoti di controllo e di potere; la Cina è senza dubbio una superpotenza economica ma non politica. Certo, nell’arco di questo secolo la prima porterà inevitabilmente alla seconda.

           

          UCRAINA, MEDIO ORIENTE, NORD AFRICA: NON CEDEREMO ALLA STRATEGIA DEL CONFLITTO
          Le Acli incalzano l’Europa ad assumersi la responsabilità di una autorevole posizione sulla scena internazionale, per costruire un percorso economico e geopolitico capace di realizzare la pace.

          Un mix potenzialmente in grado di innescare un conflitto dalle proporzioni inimmaginabili. E’ quello, secondo Gianni Bottalico, presidente nazionale delle Acli, che si alimenta su due questioni di fondo: da un lato una crisi economica che viene affrontata rafforzando le cause che l'hanno prodotta anziché costruendo una nuova politica economica che ridia centralità al lavoro; dall’altro la strategia occidentale prevalente che mira ad impedire con tutti i mezzi, anche quello militare, il passaggio dall'unilateralismo americano al multipolarismo nella gestione della politica mondiale.

          “L'incapacità dell'Europa di collocarsi autorevolmente ed autonomamente sulla scena internazionale – sottolinea Bottalico -favorisce la strategia delle forze che, pur di salvaguardare i loro attuali smisurati vantaggi economici e di scongiurare una loro bancarotta, mirano a ricompattare l'Occidente contro il resto del mondo e in particolare contro i grandi paesi emergenti che costituiscono il club dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) non escludendo più alcuna opzione, compresa la più infausta: quella di un conflitto generalizzato, il cui rischio cresce con il dilagare della strategia del caos che ormai accerchia l'Europa, dall'Ucraina, al Medio Oriente, al Nord Africa”.

          Le Acli si sentono impegnate a sensibilizzare le coscienze sulla gravità di questa fase storica, per fare in modo che nel difficile presente “non si ripetano gli sbagli del passato, ma si tengano presenti le lezioni della storia, facendo sempre prevalere le ragioni della pace mediante un dialogo paziente e coraggioso”, secondo l'auspicio di papa Francesco formulato alla vigilia del centenario dello scoppio della Grande Guerra. “Nonostante tutto, guardiamo con fiducia e speranza al futuro. Siamo artefici del nostro destino, ma in fasi come l'attuale risulta decisivo su quale versante della storia collocarsi sui temi del lavoro, della democrazia, della pace. Non assisteremo passivamente ad una strategia economica e geopolitica che rischia di far precipitare il mondo in un nuovo grande conflitto”.

           

           

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          Una famiglia deve avere una casa dove abitare, una fabbrica dove lavorare, una scuola dove crescere i figli, un ospedale dove curarsi e una chiesa dove pregare il proprio Dio

          Giorgio La Pira