La speranza al lavoro...riflessioni sul Primo Maggio
di Alessandro Pierobon, presidente provinciale Acli
Di lavoro si vive, e si muore, ancora ai giorni nostri. Con il lavoro si mettono a disposizione talenti, si realizzano sogni ma anche si perpetuano ingiustizie, si disconoscono i diritti. Da un lato la crescente attenzione alle risorse umane come vero volàno delle imprese, dall’altro le mancate tutele che specie le donne ancora subiscono. Ne arrivano di ogni sorta ai nostri uffici di Patronato Acli, che poche settimane fa ha festeggiato gli 80 anni di storia: dirigenti lasciati a casa nel qui ed ora, che hanno riconsegnato pc, smartphone ed auto per farsi venire a prendere dalla moglie; mamme al rientro dopo la maternità a cui si chiede di firmare la rinuncia alle ore di allattamento o al part time; operai messi in regola a metà tempo e pagati in nero (e non in modo congruo)… Ce n’è per tutti perché il lavoro altro non è che lo specchio di questa società che si trasforma sempre più velocemente, dove volano all’estero i nostri talenti migliori, e non solo loro, e per stare “a galla” servono flessibilità, determinazione, a tratti “furbizia”. Un posto c’è per tutti, sempre che quei “tutti” lo vogliano, perché nemmeno il lavoro oggi è più nelle prime posizioni per ordine di importanza tra le cose della vita. Quanti accettano di essere licenziati (o di farlo, in realtà ci si accorda internamente e questo è quanto), per regalarsi un anno di viaggi in giro per il mondo, per vedere posti e cercare un senso, forse più lento o comunque diverso, alla frenesia del mondo del lavoro di oggi dove tutto è scontato.
Caspita, se è difficile! Ci sono settori sicuramente un po’ meno competitivi e più a misura d’uomo, ci sono aziende attente al proprio “capitale umano”, ci sono professioni che ancora cercano di preservare etica e senso, ma perfino tra i medici c’è un fuggi fuggi generale legato a contratti, paghe, modelli organizzativi, inadeguati rispetto al lavoro di oggi. Dove peraltro l’intelligenza artificiare fa già la sua parte compiutamente e dove sembra sia rimasto solo nelle mani dell’uomo un’unica decisione da prendere: come essere dentro alle dinamiche del posto di lavoro di oggi? Quale presenza provare a significare? Secondo il report annuale State of the Global Workplace di Gallup solitudine e stress sono tra le caratteristiche principali con cui si misurano i lavoratori. Tra le cause figura la mancanza di coinvolgimento e supporto manageriale, che sempre più diventa motivo di disengagement per chi lavora. Una disconnessione dal proprio ruolo e dagli obiettivi aziendali che non è più “misurabile” solo in termini di mancata produttività, ma è ormai riconosciuta come fattore chiave nell’aumento dello stress sul luogo di lavoro e nel successivo burnout. Perché, anche se naturalmente non tutti i sintomi di una peggiorata salute mentale sono riconducibili al lavoro, il lavoro — e come il lavoro ci fa sentire — è considerato a livello globale un fattore che influisce in modo decisivo sulla nostra salute mentale. Per questo il concetto di comunità è così importante anche e soprattutto all’interno di un’azienda.
Del resto lo ha dice chiaramente la Conferenza episcopale italiana nel testo diffuso in vista della Festa dei lavoratori sul tema: “Il lavoro, un’alleanza sociale generatrice di speranza”. "L'economia e le leggi di mercato non devono passare sopra le nostre teste lasciandoci impotenti. È la nostra mano visibile che deve completare l'opera di concreazione di una società equa e solidale e continuare a seminare speranza".