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In Iraq, per provare a ricucire piccoli frammenti di vita

    In Iraq, per provare a ricucire piccoli frammenti di vita

    Il nuovo progetto del giornalista Emanuele Confortin che coinvolge un artista cristiano iracheno dimostra ancora una volta che “sarà la bellezza a salvare il mondo”. Anche le Acli di Treviso lo sostengono.

    La storia che Emanuele Confortin, giornalista castellano e fotoreporter esperto di Asia centro meridionale con tanti anni di reportage internazionali alle spalle, ha tra le mani in questo periodo e alla quale sta tentando di dare forma – scritta oltre che visiva – odora di guerra, di ferite cicatrizzate e di ripartenza. Tutto insieme. Ed è così fortemente simbolica da averlo convinto a metterci l’impegno e la passione che da sempre lo contraddistinguono per farla uscire dall’oblio.

    Matti Al-Kanon è un artista siriano di Bartella, cittadina irachena di 35 mila abitanti (prima) a pochi chilometri da Mosul. Laureato all’Accademia delle Belle Arti di Baghdad, poi per una vita insegnante di arte e pittore affermato nel suo Paese, il 6 agosto 2014, poche ore prima della conquista della città da parte dell’Isis, al-Kanon lascia la sua casa con la famiglia, prendendo lo stretto necessario per fuggire in fretta verso Erbil, unendosi all’esodo che oltre ai cristiani, ha coinvolto gran parte della popolazione irachena. L’artista si stabilisce nel campo profughi di Nishtiman, ricavato ai piani superiori sfitti di un centro commerciale ancora attivo nel centro storico della capitale del Kurdistan iracheno. Qui, tutto sommato, lui è fortunato: vive ammassato insieme alla moglie, ai figli e ai nipoti in un angusto monolocale; per lo meno non è in strada. 


    Bartella, città in gran parte distrutta. Foto di Emanuele Confortin

    A Nishtiman, per fare memoria, “abita” anche il religioso rogazionista iracheno Jalal Yako che recentemente ha donato a Papa Francesco la piccola croce in metallo, tutta attorcigliata per il calore delle bombe e gli oltraggi dei miliziani dell’Isis, recuperata da un’altra città sulla piana di Ninive, Qaraqosh, che ha vissuto le analoghe vicende di Bartella: tutto ciò che era cristiano è stato vandalizzato e bruciato, nelle chiese le statue sono state usate come bersagli al pari delle case e delle botteghe, tutte saccheggiate e devastate dai miliziani di Abu Bakr al-Baghdadi.

    “Ho conosciuto Matti a marzo, per caso, mentre ero in Iraq per coprire la Battaglia di Mosul. La sua storia mi ha colpito subito, al pari della sua personalità e cultura – racconta Emanuele – in una parte del suo monolocale ha creato la sue Guernica, un work in progress in cui descrive le vicende dell’Iraq”. È a marzo che al-Kanon menziona “quelle opere rimaste in casa”, riviste in velocità a inizio marzo, all’indomani della liberazione di Bartella da parte dell’esercito iracheno, dopo un triennio di occupazione dell’Isis. Una città devastata, saccheggiata, infine deturpata in nome di quell’iconoclastia le cui tracce si ripetono nella storia, un dominio dopo l’altro, di religione in religione, senza esclusioni. “I quadri di carattere religioso – una madonna col bambino, la deposizione di Cristo e una che ritrae Gesù – sono state sfregiate dai miliziani dell’Isis sulla base dell’iconoclastia propria della loro peculiare interpretazione del Corano, che proibisce o cancella ogni forma di raffigurazione di dio, con estensione a gran parte delle immagini antropomorfe, non solo quelle a carattere religioso”.

    Stimolato da una richiesta esplicita dell’artista, Emanuele ha pensato di approfondire questa storia peculiare, e di aiutare la famiglia a recuperare le tele, per portarle “al sicuro” a Erbil, infine mettere al-Kanon nelle condizioni di “ripararle”. Rientrato in Italia Emanuele cerca e trova la collaborazione di alcuni partner cui il progetto interessa, a partire dal professor Shaul Bassi, direttore dell’International Center for the Humanities and Social Change, nuovo centro interdisciplinare frutto della collaborazione fra Università Ca’ Foscari Venezia e Humanities and Social Change International Foundation, cui si sono aggiunte le Acli di Treviso che scelgono di sostenere il lavoro e di finanziarne una parte. Anche Focsiv aderisce al progetto.


    Sulle strade di Bartella. Foto di Emanuele Confortin.

    E così, ad agosto il giornalista riparte con un programma complesso ma non impossibile. “E’ stato un lavoro faticoso e minuzioso per avere tutte le autorizzazioni a passare i posti di blocco, far giungere le opere ad Erbil, trovare un modo di “aggiustarle” ricucendole e custodirle poi in un magazzino, e magari in seguito portarle in Italia assieme all’autore, per un’esposizione, a Venezia ovviamente”.

    Poi aggiunge: “Ciò che più mi colpisce di queste opere è il fatto di riuscire a simboleggiare i drammi vissuti nell’ultimo decennio dall’Iraq. Ovvero le opere create in molti anni da un artista rappresentano la ‘vita normale, prima della guerra’. Poi la guerra civile dai cui errori e dalle cui ombre sorge l’Isis da cui la spirale di ferocia inaudita che tutti conosciamo, rappresentata dagli sfregi alle opere. Infine il recupero delle stesse e la loro riparazione, riflesso della forza di resilienza di un popolo intero, non solo cristiano, che desidera ricominciare, tornare alle proprie case e riappropriarsi della propria vita”.

    Del passato recente resteranno tracce indelebili, cicatrici evidenti cui nessuno potrà porre rimedio, ma importanti per preservare la memoria di una delle guerre più cruente del nuovo millennio.


    Ramiz al-Kanon tra i vicoli distrutti di Bartella - Foto di Emanuele Confortin

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    Una famiglia deve avere una casa dove abitare, una fabbrica dove lavorare, una scuola dove crescere i figli, un ospedale dove curarsi e una chiesa dove pregare il proprio Dio

    Giorgio La Pira