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La famiglia costruisce fiducia sociale

    La famiglia costruisce fiducia sociale

    Nomi importanti, per la loro preparazione o per il ruolo politico che ricoprono, quelli invitati al convegno “La famiglia costruttrice di fiducia sociale” organizzato dal Centro della Famiglia e dall’associazione Famiglie 2000 per il prossimo 31 ottobre.

    Dall’economista Zamagni al presidente del Forum nazionale Becchetti, passando per il sottosegretario di Stato al ministero dell’Economia Zanetti, all’assessore regionale al sociale Lanzarin, alla presidente del Patronato Acli Vacchina.

    Tutti a discutere di un tema che è fondativo per il vivere sociale e il benessere della comunità, ma che fatica ad entrare nella percezione comune: il ruolo implicito nel dna stesso della famiglia, sistema di relazioni in relazione con il contesto civile.

    “L’incontro pubblico si inserisce tra le iniziative programmate per festeggiare i 40 anni del Centro della famiglia – spiega Marco Ervas presidente di Famiglie 2000 – e la sua organizzazione è in capo a noi che, come associazione, ci occupiamo di sostenere e promuovere la famiglia nel suo ruolo sociale”.

    Non rischia di sapere di vecchio un convegno che affronta questi temi?
    No, anzi. Il lavoro culturale per promuovere la consapevolezza che la famiglia è un bene sociale da sostenere, difendere, aiutare, è davvero ampio. Inutile dire che la società individualista attuale frena quest’opera di sensibilizzazione, perché ostacola l’approccio sistemico che considera la famiglia in relazione al suo interno ed inserita in un sistema di relazioni con il territorio. Se le famiglie non si percepiscono come portatrici di valore sociale, come potranno essere protagoniste e risorse per tutta la comunità?

    Di cosa ha bisogno oggi la famiglia?
    Da sola la famiglia non è in grado di reggere su tutti i fronti in cui è coinvolta anche perché ormai tutti i problemi del disagio ricadono sulla famiglia: dal lavoro alla disabilità, dalla devianza agli anziani… Come associazione e Centro noi lavoriamo molto sul piano della prevenzione al disagio familiare e in tema di formazione, oltre che per promuovere reti, occasioni di condivisione, di reciprocità.

    Anche così, però, raggiungete soprattutto le famiglie che hanno scelto uno stile di apertura…
    In prima battuta probabilmente sì anche se la scelta di Famiglie 2000 è quella di tentare di aprirsi il più possibile sul territorio per coinvolgere sempre più famiglie: di solito “esportiamo” la festa annuale in luoghi diversi della provincia; vacanze diverse è rivolto a chiunque si interessato all’esperienza; gli stessi servizi sono accessibili a tutti. Teoria e pratica, prevenzione e terapia, devo essere parimenti valorizzati.

    Non sentite mai la fatica di remare controcorrente e di mantenere lo sguardo fiducioso sul futuro?
    No, perché non siamo da soli ma insieme a tante famiglie che provano a camminare insieme e a guardare anche il positivo che c’è. E’ importante, io credo, mostrare il volto bello della famiglia, testimoniarlo in ogni ambiente, tutti e non da soli. Per inciso, al tema del gender secondo me si risponde così, senza innestare polemiche ma facendo vedere la bellezza dell’esperienza familiare, nel suo percorso, nelle varie stagioni della vita, con le sue criticità.

    Eppure anche i matrimoni sono in calo, si scelgono altri modi per stare insieme.
    Le relazioni liquide che caratterizzano questa epoca mettono in crisi la scelta del matrimonio come progetto stabile, di cui la società ha estremo bisogno proprio per la precarietà che la contraddistingue oggi. Stiamo partendo ora con un progetto pilota nei comuni di Casier e Carbonera per la formazione al matrimonio civile, pensata secondo lo stile del Centro della famiglia. Per tentare, sui temi più strettamente connessi alla dimensione umana - dell’identità di coppia, della comunicazione, della relazione tra coniugi – di offrire una occasione di confronto e uno spazio di pensiero.

    Anche di politiche familiari si fa un gran parlare, specie nelle campagne elettorali, e poi tutto si ferma. Voi ci credete ancora?
    Non solo ci crediamo, ma la nostra esperienza di dialogo con gli amministratori locali ci dimostra che un sindaco davanti ad ipotesi percorribili di politiche family friendly non si tira indietro. Uno dei limiti maggiori alla loro realizzazione è piuttosto l’apparato burocratico, chiamato a ripensare i regolamenti, a rivedere criteri, prassi consolidate… Tutto questo rientra davvero nel grande lavoro culturale che non dobbiamo smettere di portare avanti per restituire consapevolezza alla gente del ruolo sociale della famiglia. Anche partendo dal basso, provando nel piccolo a costruire un modello di welfare generativo dentro al quale stanno i temi dell’educazione, della formazione, della cura.

    “Prendersi cura” – che sia in coppia, dei figli, nel contesto sociale – resta forse la sfida più grande…
    Non si può credere che “basta volersi bene” per stare assieme. Credo che questa basilare riflessione sia sotto gli occhi di tutti. Le famiglie, con le loro fragilità ma anche per l’intrinseca forza vitale che portano in sé, possono giorno dopo giorno scoprire la bellezza del prendersi cura. Noi diciamo che verso di loro vanno usate le tre A: accoglienza, accompagnamento, annuncio.

    Accoglienza. Accompagnamento. Annuncio. In questo preciso ordine. Forse hanno un senso, per le famiglie ma in ogni esperienza della vita: verso i figli, nel mondo del lavoro, con i migranti….

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    Una famiglia deve avere una casa dove abitare, una fabbrica dove lavorare, una scuola dove crescere i figli, un ospedale dove curarsi e una chiesa dove pregare il proprio Dio

    Giorgio La Pira