Errore
  • JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 508
Menu

Dal Bingo alle Slot: le vittime del gioco

    Dal Bingo alle Slot: le vittime del gioco

    Volete conoscere la probabilità di una persona qualsiasi di vincere al Supernalotto? E' la stessa di un'altra persona che esce di casa, ferma il primo passante che incontra, chiede la data di nascita e trova che è nato lo stesso giorno dello stesso anno suo. Poi lancia un monetina ed esce testa. Pesca da un mazzo di 52 carte quella che precedentemente ha dichiarato di pescare. Lancia un dado e indovina cosa esce. Poi torna in strada e la prima persona che trova è del suo stesso segno zodiacale. Quindi lancia una monetina ed esce di nuovo testa.

    E la gente, quando gioca al Superenalotto, crede di poter vincere il premio milionario?

    Un altro esempio, sempre sul Superenalotto: se Garibaldi 150 anni fa avesse cominciato a giocare 3 volte a settimana avrebbe avuto una probabilità su 26 mila; se avesse giocato Giuda 2000 anni fa 3 volte a settimana, 1 su 20000; se Homo Sapiens, una su 20.

    E chi gioca al Superenalotto pensa che potrebbe capitare a lui di vincere?

    Questi, e molti altri, incisivi esempi ha portato la dott. Daniela Ferrario del Servizio Dipendenze dell'Ulss 9 di Treviso, intervenendo all'incontro pubblico organizzato dal Circolo Acli di Carbonera nell'ambito della campagna nazionale NO SLOT lo scorso 24 marzo nella sala Aldo Moro del Comune.

    "Lo Stato non sa come rispondere alla forte pressione sociale esercitata ormai in questo ambito, senza rinunciare ad una assai remunerativa entrata - ha spiegato -. Non verrà mai eliminato il gioco. Si può cercare di rendere le persone consapevoli dei rischi, dei giochi della pubblicità, e aiutare la comunità a proteggere chi è più debole in questo ambito: anziani e minori".

    Le stime dicono che la percentuale di persone condizionate pesantemente dal gioco sono tra l'1,8 al 3,5%. Di queste più della metà sono giocatori patologici. Se dovessimo ritarare questi numeri su una città come Carbonera, dovremo considerare all'incirca 286 persone con gioco problematico e 150 dipendenti.

    Il gioco patologico è un problema molto duro da recuperare. E' insidioso, non si guarisce mai, per tutta la vita si convive con questa fragilità rischiando di avere dei momenti di recidiva. "Ogni apprendimento che noi consolidiamo resta: vale per le cose positive ma anche per ciò che impariamo di negativo. Chi ha gioco patologico deve mantenere sempre un campanello d’allarme acceso".

    Numerosi sono i giocatori patologici che si sono lasciati condizionare nel tempo: persone comuni, senza particolari disagi, che hanno incontrato il gioco casualmente, l’hanno trovato innocuo, banale, piacevole, legale, facilmente accessibile. Lo hanno sperimentato in modo graduale. Poi, man mano che si perpetua il loro comportamento, incrociato con altri fattori – ambientali, relazionali, di vita personale… - le risorse arrancano, si va verso la perdita del controllo complessivo. Il gioco è considerato una droga senza sostanza (cioè produce a livello neuronale gli stessi effetti dell’alcol, attiva un percorso in testa che produce adrenalina, ci diverte…).

    Uno dei problemi è che le modalità di gioco sono calibrate per agganciare le persone perché ripetano all’infinito quel comportamento. L’industria del gioco si basa in fondo sulla vendita di illusioni, di promesse, l’idea di cambiare la vita sfidando la sorte (l’attesa che esca il numero, l’irritazione se esce il numero prima o dopo)… sono percezioni molto umane. L’aspetto infido del gioco è che utilizza il normale funzionamento dell’essere umano per far si che la persona continui a giocare per portare soldi all’industria, sapendo di creare patologia.

    I giochi attuali hanno facile presa: sono accessibili (slot machines nei bar, andati in crisi i casinò); costano poco; sono fatti in solitudine (a differenza dei giochi tradizionali) e portano all’isolamento in famiglia e sociale; sono veloci (la legge prevede che la durata della battuta su tasto non deve essere inferiore a 4 secondi); sono semplici (basta premere pulsanti); sono basati sulla tecnologia (sottopongono le persone a stimoli visivi e uditivi studiati apposta per creare una sorta di trans ipnotico); sono diversi uno dall’altro (l’offerta è varia); sono basati su un motore matematico in cui l’unica cosa certa calcolata è il valore dell’indotto del gioco.

    Ogni estrazione è indipendente dalle precedente. La nostra mente fatica a comprendere questa dinamica perché noi cerchiamo la probabilità, l’interpretazione di senso su ciò che accade; cerca delle regole di causa effetto che in realtà non esistono. Invece è CASUALE LA MODALITA’ CON CUI VENGONO DISTRIBUITE LE VINCITE MA NON LA PERCENTUALE DI VINCITA E PERDITA”.

    Del resto è definito per legge l’incasso per lo stato.

    I SOLDI VENGONO RESTITUITI in modo da convincere le persone a continuare a giocare. Se le vincite sono significative ma rade, la persona smette di giocare. Allora le industrie del gioco hanno modificato la modalità di distribuzione, casuali ma frequenti. Si incentiva l’illusione, si perde il controllo dei soldi che si mettono dentro.

    Quando si vince, poi, le macchinette sottolineano ed enfatizzano con messaggi uditivi e visivi il successo facendolo ricordare più di una perdite. E il giocatore si convince che può farcela. Per lui vincere è guadagnare, perché perde la capacità di fare il confronto tra perdite e vincite.

    La strategia per incentivare a giocare è basata sulla casualità dunque, non su principi matematici: se esce il 30 e ho il 29, penso di essere stato sfiorato dalla fortuna, ma sono numeri diversi, è pura casualità. Noi invece vogliamo credere che "per uno potevamo vincere".

    Le slot creano la stessa illusione con le immagini. Incentivano a pensare che se si insiste si può vincere.

    Un altro gioco che sta facendo danni enormi è il GRATTA E VINCI, anche tra i ragazzi. Qui i premi non sono solo il montepremi, la numerosità maggiore è nei biglietti tra 20 e 50 euro.

    Le persone che arrivano al servizio dell’Ulss vengono portate dai familiari disperati. Noi per prima cosa aiutiamo i familiari a difendersi dal giocatore (dal rischio di miseria e violenza domestica). Quando arrivano, lavoriamo con il giocatore e con la famiglia.

    Da soli è molto più dura. Il contributo della famiglia o di qualcuno di significativo che li aiuta è fondamentali.

    I nostri passaggi sono questi. Si mette in sicurezza la famiglia, si impedisce al giocatore l’accesso al denaro, poi si lavora sulla gestione economica e dunque le diverse valutazioni socio familiari, la personalità,le questioni fisiche.

    Il trattamento è individuale in fase intensiva, ma ci stiamo riorganizzando per un lavoro anche in gruppo e collaboriamo anche con i giocatori anonimi.

    Il nostro compito è provare a spaccare i meccanismi che hanno portato al gioco e cercare di creare delle “barriere”, recuperando le relazioni familiari, la gestione ordinata della giornata, le attività del tempo libero,le  cose positive della vita. E’ un lavoro che può durare anche due anni quando c’è una buona risposta.

    Sul piacere di "perdere" come motore che spinge a giocare compulsivamente ha insistito il secondo relatore della serata don Gigetto De Bortoli, direttore Ceis Belluno.

    Perché si gioca? Per vincere?

    I trucchi sono una cosa micidiale. Il ritmo è coinvolgente, non lascia tregua.
    Il piacere spinge. Il piacere non sta nel vincere.
    Più alta è la posta in gioco, più numerose le giocate: e quando si perde tutto scatta una sensazione di rilassamento potente. Il gioco è perverso perché ci si rilassa quando si perde.

    “Lo Stato da questo punto di vista è immorale. Frega sapendo e volendo fare soldi. E poi, accanto al gioco legale c’è anche quello illegale”.

    Il piacere più grande che esiste ha a che fare con la struttura del nostro cervello. L’appartenenza garantisce sempre il piacere al cervello. Qualsiasi tipo di dipendenza da piacere, “risolve problemi”.

    Per questo motivo una dimensione fondamentale su cui insistere e lavorare è l’abitudine a stare insieme, a vivere contesti di comunità, a non isolarsi. L’antidoto è non tacere quello che accade (principio di realtà), ma vivere l’accoglienza nella comunità in cui si abita, sentirsi appartenente con tutti i mezzi e modi possibili. Creare delle reti. Il gioco d’azzardo è una conseguenza della malattia.

    Poi c’è il gioco d’azzardo in internet.

    Poi ci sono i bingo, sale che negli ultimi anni sono state ripensate e ammodernate: il bingo è al piano superiore. Per arrivarci si deve passare per le slot machines. Sono locali costruiti appositamente con colori e luci soffuse. Garantiscono anonimato. Permettono relax e la consumazione al bar. Sono studiate per tenere la gente in quegli ambienti a lungo. Le persone giocano sole ma hanno l’impressione di essere accudite.

    Tante le cause per cui si diventa dipendenti dal gioco: difficoltà familiari, conflitti di coppia, problemi di lavoro…. Quello con le macchinette è un incontro. Ti senti solo e loro ti fanno sentire adrenalinico; ti senti stressato dalla vita e li ti svuoti. Il gioco risponde sotto aspetti diversi ai bisogni delle persone.

    L’Italia quarto paese al mondo per spesa per gioco d’azzardo.

    Sintesi dell'incontro publbico a Carbonera sulla dipendenza da gioco.

    Torna in alto
    Una famiglia deve avere una casa dove abitare, una fabbrica dove lavorare, una scuola dove crescere i figli, un ospedale dove curarsi e una chiesa dove pregare il proprio Dio

    Giorgio La Pira