Una carovana solidale verso Rafah

Giovedì 15 maggio 2025 una delegazione di rappresentanti di associazioni, ONG, giornalisti e parlamentari è partita alla volta di Rafah, l’ultima porta prima di Gaza, dove si fermano i TIR pieni di aiuti umanitari, impossibilitati ad entrare nella striscia ormai martoriata.
Unico scopo della missione è stato quello di riportare all’attenzione mediatica e civile quanto sta accadendo a Gaza. Squarciare il muro di silenzio della politica e della diplomazia tutta su ciò che sta avvenendo.
Ecco la riflessione di Marco Calvetto, presidente nazionale di IPSIA Acli, che ha partecipato alla Carovana Solidale insieme a Italo Sandrini, vice presidente Acli:
"Modernissimi car scanner si accompagnano a controlli visivi dei passaporti; passaggi o fermate vengono lasciate all’umore del soldato di turno.
Il paesaggio intorno è un susseguirsi di pochi campi strappati al deserto, dune esplorate da draghe in cerca di non si sa cosa, presidi fortificati custoditi da blindati, scheletri di cemento promessa non mantenuta alle povere casupole di fango e lamiera.
Un viaggio lungo in cui risuonano le storie dei Palestinesi rifugiatisi Al Cairo ascoltate il giorno precedente: l’abbandono continuo delle proprie case, la distruzione dei campi coltivati, i viaggi interminabili di anziani e disabili verso zone non ancora bombardate, notti all’addiaccio e al freddo, parenti abbandonati, amici scomparsi, sete, ricerche vane di angoli dove fare i propri bisogni… Storie terribili, storie che conosciamo troppo bene per non avvertirle come un’accusa.
Ascoltiamo e vediamo tutto da 19 mesi, mentre distrattamente scorriamo le notizie, mettiamo like sui social o ci dilettiamo in saccenti ricostruzioni storiche o giuridiche, mentre l’umanità muore
Al Arish trasmette la calma del mare al tramonto, verso la spiaggia solo un pacifico sciabordio di onde rompe il silenzio. Improvviso, però, un rumore sordo fa tremare la terra. Difficile dire cosa sia stato, ma ci ricorda che a 50 km da lì c’è il Valico di Rafah. Il cancello a quello che è diventato l’Inferno di Gaza.
Il rumore delle bombe e le parole dei palestinesi di Gaza distolgono dalla serenità della notte serena sul mare, ma pare non scalfiggano il silenzio intorno agli oltre 100 morti al giorni di Gaza e la pervicace volontà di quasi tutti i governi all’inazione per fermare i crimini commessi dal governo israeliano. Un silenzio e un’inazione che stanno diventando complicità.
Silenzio, complicità, blocco degli aiuti con la propaganda sono, forse, le armi più sofisticate messe in campo oggi dal governo israeliano.
Armi con cui stanno consapevolmente costruendo i nemici del proprio futuro, perché a Gaza sono già oltre 20.000 gli orfani; armi per disinnescare qualunque intervento futuro dell’Occidente, che sta abiurando e perdendo la sua unica fonte di credibilità, la tutela dei diritti umani e la fiducia nelle istituzioni internazionali; armi, infine, per “snervare” gli avversari, perché impedire il passaggio degli aiuti umanitari vuol dire usare la fame per ridurre un popolo ad una massa indistinta di individui, l’uno contro l’altro affamato senza più la possibilità di costruire un futuro costruito intorno allo spezzare il pane insieme".
C’è ancora tempo per Gaza? C’è ancora tempo perché il diritto torni a prevalere sulla legge del più forte? #ipsia#carovanasolidale
"Pensa agli altri
Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,
non dimenticare il cibo delle colombe.
Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri,
non dimenticare coloro che chiedono la pace.
Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa agli altri,
coloro che mungono le nuvole.
Mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri,
non dimenticare i popoli delle tende.
Mentre dormi contando i pianeti , pensa agli altri,
coloro che non trovano un posto dove dormire.
Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri,
coloro che hanno perso il diritto di esprimersi.
Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso,
e di’: magari fossi una candela in mezzo al buio”.
Maḥmūd Darwīsh