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Decreto Dignità: cosa cambia per il lavoro

    Decreto Dignità: cosa cambia per il lavoro

    Da poco più di un mese il Decreto Dignità è diventato legge. Le principali novità hanno coinvolto le discipline del contratto a tempo determinato, della somministrazione di lavoro e della tutela in caso di licenziamento illegittimo.

    Contratti a termine

    La precedente normativa prevedeva che i contratti a tempo determinato potessero essere stipulati senza necessità di giustificare l’apposizione del termine (contratto acausale), fino ad un periodo massimo di 36 mesi. La legge 96/2018 ha introdotto due nuovi limiti temporali:

    1) 12 mesi. È la durata massima dei contratti a termine acausali. Il datore di lavoro che assume per la prima volta un lavoratore potrà stipulare un contratto senza necessità di giustificarne il termine per non più di 12 mesi.

    2) 24 mesi. È la durata massima di un contratto a termine comprese proroghe e rinnovi. Oltre i 12 mesi è obbligatorio che sussista una ragione oggettiva che giustifichi l’apposizione del termine. I motivi devono essere collegati a:

    • esigenze temporanee ed oggettive, estranee all’attività ordinaria;
    • esigenze sostitutive di altri lavoratori;
    • esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

    Le ragioni devono essere apposte anche in caso di proroga del contratto, se complessivamente vengono superati i 12 mesi. Per proroga si intende lo spostamento in avanti del termine di scadenza fissato inizialmente dalle parti.

    Il numero massimo di proroghe è stato ridotto da 5 a 4 nell’arco sempre di 24 mesi. Il superamento del numero massimo di proroghe comporta la trasformazione del contratto a termine in un tempo indeterminato.

    Se viene stipulato un contratto a termine di durata superiore ai 12 mesi senza causale o con causale illegittima, la sanzione sarà la trasformazione dello stesso in un contratto a tempo indeterminato a partire dalla data di superamento dei 12 mesi. 

    In caso di rinnovo, cioè della stipulazione di nuovi contratti a termine con la stessa azienda per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria, non è stato posto un numero massimo di rinnovi, ma la durata massima complessiva dei diversi contratti non deve comunque superare i 24 mesi.

    In caso di rinnovo, nel nuovo contratto devono essere sempre specificate le causali temporanee. La nuova disciplina del contratto a termine si applica anche al lavoro in somministrazione, ad eccezione del numero massimo di proroghe che resta 6. 

    Tali novità si applicheranno per i contratti stipulati o prorogati a partire dal 1° novembre 2018.

    Tutela in caso di licenziamento ingiustificato

    In caso di licenziamento privo di giusta causa o giustificato motivo, il lavoratore ha diritto ad un regime a tutele crescenti già introdotto dal Jobs Act ed ora modificato.

    Le novità introdotte sono:

    1) Nelle aziende con più di 15 dipendenti, il datore di lavoro dovrà corrispondere al lavoratore licenziato ingiustamente un’indennità compresa tra un minimo di 6 ad un massimo di 36 mensilità, superando la precedente disciplina che prevedeva un minimo di 4 ed un massimo di 24. La quantificazione puntuale dell’indennità avviene riconoscendo 2 mensilità per ogni anno di anzianità di servizio nel rispetto dei limiti minimi e massimi.

    2) Nelle aziende con meno di 15 dipendenti e per gli enti non imprenditori (indipendentemente dalle dimensioni) che svolgono senza fine di lucro attività politica, sindacale, culturale, di istruzione, religione e culto, l’indennizzo previsto è pari ad una mensilità per ogni anno di servizio, per un minimo di 3 ed un massimo di 6. 

    Questo regime di tutele previste in caso di licenziamento illegittimo, interessa solo i dipendenti assunti dal 7 marzo 2015.

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    Una famiglia deve avere una casa dove abitare, una fabbrica dove lavorare, una scuola dove crescere i figli, un ospedale dove curarsi e una chiesa dove pregare il proprio Dio

    Giorgio La Pira