Errore
  • JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 508
Menu

A Barbiana, nei luoghi di don Milani

    Nella scuola di BarbianaNella scuola di Barbiana

    "Non mi interessa"… "Chissenefrega"… "Lascia perdere". Chi non usa una di queste espressioni quotidianamente? Nessuno si stupisce a sentirle. Piuttosto sarebbe strano sentire "mi interessa", "insisti", un anacronistico "mi sta a cuore". Eppure in un paesino della Toscana, tanto disperso da non interessare nessuno, "I care" è diventata una frase così originale che sembra essere stata pronunciata troppo presto per il suo tempo. È la frase scritta su una parete della scuola di Barbiana, creata da don Lorenzo Milani nel 1956 nelle due stanze annesse alla piccola chiesa di sant'Andrea e alla canonica. Il 4 luglio una delegazione delle Acli di Treviso è stata in visita in questi luoghi, nella stessa classe, seduti sulle stesse panche di legno a 50 anni dalla morte di don Milani.

    Barbiana, frazione di Vicchio nella valle del Mugello a nord di Firenze, "non è nemmeno un villaggio, è una chiesa e le case sono sparse tra i boschi e i campi," così la descrivevano gli allievi, "sono rimaste 39 anime. In molte case e anche qui a scuola manca la luce elettrica e l’acqua. La strada non c’era. L’abbiamo adattata un po' noi perché ci passi una macchina". Oggi quasi tutto resta intatto. Acqua e elettricità sono arrivate, ma le pareti e gli scaffali della canonica conservano tutto esattamente al loro posto: dai libri all'astrolabio, dalla foto di Gandhi al Padre nostro scritto trascritto in cinese, alle infografiche con inchiostro e pastelli che riportano i dati delle elezioni politiche in Italia o dell'accesso all'istruzione. Tutto realizzato dagli allievi durante le 12 ore di lezione al giorno, per 365 giorni all'anno, "366 negli anni bisestili".

    La chiesa e le poche case restano confinati in cima ai tornanti di una strada ripida, in parte asfaltata e poco più larga di come doveva essere 60 anni fa, dove "fu esiliato don Lorenzo perché era un prete scomodo", dice Stefano Burberi, barbianese e cugino di Agostino che ci accompagna tra queste mura. Da quassù si è fatto largo, e non si è più arrestato, il messaggio sociale e educativo di don Milani: contro la discriminazione e l'emarginazione sociale si lotta con l’arma più potente, cioè la formazione e l'accesso al sapere. Un sapere responsabile, come diceva il priore di Barbiana: "Io insegno come il cittadino reagisce all'ingiustizia. Come ha libertà di parola e di stampa. Come il cristiano reagisce perfino al vescovo che erra. Come ognuno deve sentirsi responsabile di tutto".

    “Quando abbiamo varcato la soglia della canonica, è stato come aver fatto un salto indietro nel tempo di mezzo secolo; con un piccolo sforzo di immaginazione era possibile vedere don Lorenzo aggirarsi nelle stanze, restando attoniti dall'autenticità della testimonianza che incarnava.” (Giovanni)

    "Tra tutto mi ha colpito molto la sua determinazione, e mi sono ancora più convinto che anche senza niente si può cercare di andare avanti, ponendosi degli obiettivi e cercando di raggiungerli." (Ousseynou)

    I giornalisti, i politici, gli studiosi e chiunque saliva fino a Barbiana per visitare la scuola, prima di rivolgere qualsiasi domanda, dovevano essi stessi lasciarsi intervistare dai ragazzi. E in cambio trasmettere qualcosa: che fosse insegnare a costruire degli sci, a nuotare o a riparare un motore. La lezione iniziava dal giornale, portato su ogni mattina dall'autista dell'ingegnere americano che possedeva una villa poco distante, racconta Stefano: "La Costituzione e il Vangelo poi erano gli altri due libri che entravano in classe ogni giorno".

    "Tra tutto mi ha colpito molto la sua determinazione, e mi sono ancora più convinto che anche senza niente si può cercare di andare avanti, ponendosi degli obiettivi e cercando di raggiungerli." (Ousseynou)

    “Quando abbiamo varcato la soglia della canonica, è stato come aver fatto un salto indietro nel tempo di mezzo secolo; con un piccolo sforzo di immaginazione era possibile vedere don Lorenzo aggirarsi nelle stanze, restando attoniti dall'autenticità della testimonianza che incarnava.” (Giovanni)

    Barbiana tutt'oggi "non è nemmeno un villaggio", ma non si respira desolazione o isolamento. Qualche escursionista passeggia per questi sentieri. Il cancello del minuscolo cimitero dov'è sepolto don Milani è sempre aperto. La Fondazione cura l'accesso ai luoghi per i gruppi e i ricercatori e si sforza di mantenere inalterata ogni pietra. I suoi ex allievi hanno intrapreso ognuno la propria strada, ma non cessano di testimoniare l'esperienza della scuola e della vita di colui che – come lo ricorda Stefano – "era il primo della classe e si è ritrovato tra gli ultimi".

    Torna in alto
    Una famiglia deve avere una casa dove abitare, una fabbrica dove lavorare, una scuola dove crescere i figli, un ospedale dove curarsi e una chiesa dove pregare il proprio Dio

    Giorgio La Pira