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Patronato: cambiare, presto e bene

    Patronato: cambiare, presto e bene

    Il patronato Acli nel percorso di riforma della legge 190/2014
    di Laura Vacilotto, presidente patronato Acli Treviso

    Si è tenuto a Roma, nei mesi scorsi, un importante convegno organizzato dal nostro patronato per approfondire la riforma sulle norme che disciplinano appunto gli enti di patronato, sollecitata soprattutto da oltre un milione di persone che in Italia hanno sottoscritto nell’autunno del 2014 la petizione “Ti stanno tagliando i diritti. No ai tagli ai Patronati”.

    Un segnale senza dubbio importante, sicuramente un attestato di stima verso l’operato di migliaia di operatori che quotidianamente cercano di dare risposte in ambito sociale. Penso si possa leggere così la presenza di autorevoli rappresentanti del governo, il ministro del lavoro Giuliano Poletti, i sottosegretari Massimo Cassano e Luigi Bobba, e degli istituti previdenziali e di assistenza, i direttori nazionali di Inps e Inail, al recente convegno Acli sul patronato del futuro.

    Il ministro Poletti, nel suo intervento, ha riconosciuto che l’avvio di una approfondita discussione che ha portato alla vigente formulazione degli articoli da 309 a 312 della legge 140/2014 è stato un atto doveroso, sollecitato dai soggetti coinvolti direttamente dal provvedimento, da un gruppo numeroso di parlamentari e senatori ma soprattutto da un milione di persone che hanno sottoscritto la petizione “Ti stanno tagliando i diritti. Non ai tagli al patronati”.

    Si tratterà ora di capire come gestire al meglio questo “nuovo spazio” di interlocuzione, con la volontà di ridefinire la relazione tra governo e patronati in un’ottica di collaborazione che rafforzi il ruolo strategico dei secondi in un disegno complessivo di riforma delle politiche di welfare e più in generale per la “costruzione di una società più coesa e maggiormente responsabile”.

    Il richiamo del ministro alla responsabilità coinvolge anche il nostro ente: infatti, se da un lato si riconosce autorevolezza e competenza, dall’altro si auspica un deciso e tempestivo cambiamento della propria struttura organizzativa. A questo punto diventa imprescindibile e improcrastinabile la riforma della legge 152 del 2001, direi che l’espressione che ha usato il ministro per chiarirlo non lascia dubbi interpretativi: “… se devi fare una cosa è bene farla! Perché altrimenti, prima o poi, arriverà qualcuno che ti obbligherà! .

    In questo clima di fiducia, ci siamo salutati con la consapevolezza che quelle che ci aspettano da qui in avanti saranno settimane di intenso lavoro, sarà un tempo di confronto serrato che dovrà trovare una sintesi nel dispositivo dei decreti attuativi della legge di stabilità che ci aiuteranno a delineare le caratteristiche il patronato del futuro, il patronato 2.0.

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    DA COSA NON POSSIAMO PRESCINDERE PER IL PATRONATO DEL FUTURO?
    di Paola Vacchina, presidente nazionale patronato Acli

    Nei giorni in cui si discuteva in parlamento la legge di stabilità, ci animava nella nostra vigorosa protesta per gli eccessivi tagli e nell'interlocuzione istituzionale, non tanto la volontà di difendere le nostre prerogative, i finanziamenti, le strutture - sebbene ovviamente ci preoccupassero anche le conseguenze occupazionali di quando sia stava delineando -, bensì la tutela dei cittadini e dei lavoratori, il rischio che potessero perdere un punto di riferimento, un servizio vicino ed utile, spesso indispensabile per l'accesso ai diritti e per la fruizione delle prestazioni previdenziali ed assistenziali.

    La nostra dunque non era, e non è, una azione di tutela di interessi particolari, ma finalizzata a far si che gli interessi dei cittadini - o meglio i loro diritti e in definitiva il bene comune - siano sempre e sempre meglio tutelati. Per questo è importante contribuire ad una riforma dei patronati, ad una ridefinizione del servizio tesa a far si che quelle risorse - che si è deciso di continuare a dedicare a questo servizio essenziale -  vengano utilizzate al meglio, e che si possa anche valutare in modo più efficace e trasparente ciò che lo stesso servizio produce e il suo valore aggiunto specifico.

    Tra ambiti diversi, in dialogo con stato, regioni, comuni

    La riforma dei patronati deve rafforzare una peculiarità di questo istituto, che per le sue caratteristiche di diffusione capillare e per le sue articolate competenze potremmo definire già oggi e ancor più in prospettiva come una infrastruttura trasversale di welfare unica nel suo genere nel nostro paese. La consideriamo infatti una infrastruttura trasversale, sia "orizzontale" tra diverse materie e funzioni - dal diritto previdenziale a quello del lavoro, dalla materia immigrazione alla tutela della salute e della famiglia, dall'assistenza ai cittadini a quella ai migranti e ai cittadini italiani residenti all'estero -, sia "verticale", poiché interagisce e collabora con diversi livelli istituzionali: dallo stato con vari ministeri e gli enti previdenziali, alle regioni con le loro importanti competenze in ambito socio-sanitario e ai comuni.

    Il welfare locale è a nostro parere una delle frontiere più interessanti sui cui si potrà giocare l'innovazione dei patronati: a servizio della comunità in stretto raccordo con le amministrazioni municipali. L'ampliamento delle funzioni dei patronati determinato dalla 190 del 2014 può rappresentare un rafforzamento di questa trasversalità, rendendo così i patronati - in prospettiva - il punto di riferimento principale e tendenzialmente universale per i cittadini nei rapporti con le pubbliche amministrazioni.

    Tra i tanti volti della vita e del lavoro

    In questo senso un moderno servizio di patronato sa e saprà sempre più incontrare le diverse situazioni di vita e di lavoro, di salute o di  malattia, di investimento sul futuro o di temporanea fragilità. Situazioni che hanno il volto di tanti cittadini e cittadine, come Sara che con la sua pensione di reversibilità non ha soldi a sufficienza per far studiare i figli; o Andrea, lavoratore giovane, che è convinto di non aver alcun diritto previdenziale anche con un lavoro ed una busta paga importante; o Fatima che facendo la colf ed essendo l'unica che ha un reddito nel suo nucleo familiare è tentata di lavorare in nero piuttosto che avere una copertura assicurativa che non darà risultati significativi; o ancora Giovanni che è rimasto senza lavoro a 55 anni e che non capisce se può rientrare nelle deroghe degli esodati...

    Situazioni che possono avere risposte tecniche esaustive e personalizzate e alle quali talvolta corrispondono diritti esigibili per legge; situazioni che in altri casi richiedono l’integrazione tra le competenze del patronato ed i servizi di welfare locali. Ma anche situazioni che richiedono orientamento e cultura sociale ed allo stesso tempo interrogano più complessivamente le esigenze di adeguamento del sistema previdenziale, sociale ed assistenziale.

    Si tratta di problemi e bisogni che poi noi classifichiamo con termini tecnici: Aspi, pensione di vecchiaia, indennità di accompagnamento, assegno sociale... Ma si tratta anche di progetti di vita: la ricerca di un sostegno per la maternità, le procedure da seguire per ricongiungere i membri di una famiglia migrante, i consigli da seguire fin da giovani per costruirsi un profilo previdenziale prudente e dunque un futuro sereno...

    Tra informazione ed educazione

    Infine, il patronato del futuro sarà sempre più un'opera di costruzione sociale tra lo stato e i suoi cittadini , o meglio tra la Repubblica, con tutte le sue articolazioni istituzionali e la comunità, fatta di singole persone, ma anche singoli in legame tra loro. Una costruzione sociale di relazioni corrette e giuste, costruite attorno ai diritti, ai doveri, alla partecipazione, alla corresponsabilità. Che non si riduce alla sola, sacrosanta, pretesa di risorse economiche o di prestazioni in date situazioni, ma che ha come orizzonte la dignità delle persone, il loro benessere, i loro progetti di vita, la loro partecipazione al progresso della comunità e l'utilità sociale.

    Il ruolo dei patronati può essere anche un ruolo educativo e propositivo, ad esempio rispetto alla corresponsabilità delle persone nel sistema previdenziale - i lavoratori devono sapere che contributi versano e quale futuro previdenziale si profila per loro -, all’attuazione delle nuove politiche attive del lavoro con la responsabilizzazione di chi gode di ammortizzatori sociali nella ricerca di un nuovo lavoro o comunque in attività socialmente utili, all'allargamento delle reti sociali che rendono le persone più sicure e protette. Penso ad esempio alle nostre reti di relazione con la Caritas o con le associazioni di genitori di malati oncologici, o con le amministrazioni penitenziarie, perché non ci deve essere nessuna condizione in cui si smetta di essere cittadini!

    Non solo quindi patrocinio di pratiche, ma patrocinio di percorsi di emancipazione, di cittadinanza, di intrapresa: patrocinio di progetti che rendano buona la vita personale e solidale e coesa la vita sociale. Anche così si rendono effettivi i diritti.

     

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    Una famiglia deve avere una casa dove abitare, una fabbrica dove lavorare, una scuola dove crescere i figli, un ospedale dove curarsi e una chiesa dove pregare il proprio Dio

    Giorgio La Pira