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Tagli ai Patronati: ecco come è andata a finire

    Tagli ai Patronati: ecco come è andata a finire

    Un milione di cittadini hanno firmato la petizione contro i tagli ai patronati. Alla fine la riduzione c'è stata, meno gravosa di quanto proposto all'inizio.

    di Fabio Chiesura, direttore Patronato Acli Treviso

    La Legge di Stabilità è stata approvata e con essa l’intervento sul finanziamento degli enti di Patronato. La formulazione finale indica il taglio al Fondo Patronati in 35 milioni di euro (invece dei 150 proposti), l’anticipo nel 72% (invece che il 40% iniziale), l’aliquota di prelevamento in 0,207%  (invece che 0,148%).

    Viene inoltre introdotta una “soglia di sbarramento” per la partecipazione alla ripartizione del Fondo Patronati pari all’1,5%: i patronati che non raggiungono quella soglia di produzione non potranno ricevere nulla dal Fondo. L’intento presuntamente è quello di arrivare ad avere una platea di Patronati più ridotta ma di dimensioni tali da garantire una più ampia copertura territoriale e una più alta capacità tecnica.

    In sostanza i tagli vengono ridotti ad un terzo rispetto all’ipotizzato. Questa riduzione è frutto della mobilitazione messa in atto, con la raccolta in un mese di oltre1 milione di firme sulla petizione “No Tagli”, con iniziative che hanno coinvolto i mezzi di comunicazione, con la pressione verso ed il coinvolgimento di esponenti politici locali e nazionali, con la presa di posizione contro queste misure da parte dello stesso Inps.

    Il fatto che soggetti per loro natura portati al dialogo con le Istituzioni Pubbliche si siano trovati costretti a minacciare la serrata e che il grido d’allarme sia stato ascoltato dal Parlamento conferma la giustezza della posizione dei Patronati.

    Fin dall’inizio il Ce.Pa. (Centro Patronati, il raggruppamento dei 4 patronati principali Acli, Inca, Inas, Ital, che da soli svolgono più dei due terzi dell’attività) aveva messo in luce che il taglio non era da intendersi “ai Patronati”, ma “ai diritti dei cittadini”. Si è inoltre tentato di fare chiarezza, spiegando che il Patronato è altra cosa rispetto ai Caf o ai Sindacati.

    La maggior parte dell’attività dei Patronati è gratuita e ciò è permesso dal meccanismo attuale del fondo. Esso è alimentato pro quota da tutti i lavoratori in Italia e finanzia le attività di patrocinio che rendono accessibili e fruibili i diritti di lavoratori e cittadini. Questo vuol dire che i Patronati per le attività previste dalla legge non chiedono nulla ai cittadini, che non sono costretti a pagare ma che al contrario possono, solo se vogliono, lasciare un contributo ai sensi dell’art. 13 L. 152/2001.

    Indebolire questo meccanismo vuol dire indebolire i diritti, mettere in dubbio la possibilità anche per i meno abbienti di vederseli riconosciuti senza doversi affidare a professionisti vari più o meno cari, magari per avere l’indennità di disoccupazione o l’invalidità civile.

    La formulazione finale mitigando i tagli consente di avere più tempo per riflettere sul tema del welfare. La speranza è che anche in sede di redazione dei decreti attuativi si tenga presente il fondamentale ruolo svolto dai Patronati nella realizzazione di quanto previsto dalla Costituzione della Repubblica Italiana ed in particolare dell’art 38 che recita:

    Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.”                                  

     

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    Una famiglia deve avere una casa dove abitare, una fabbrica dove lavorare, una scuola dove crescere i figli, un ospedale dove curarsi e una chiesa dove pregare il proprio Dio

    Giorgio La Pira